mercoledì 23 settembre 2020

La vegetariana


In-Hye si lanciò su di lui e lo afferrò per la vita, ma nell'istante in cui la violenza dello schiaffo costrinse mia moglie ad aprire la bocca, lui riuscì a ficcarci dentro il maiale. Yeong-ho, che aveva esaurito la forza nelle braccia, allentò la presa, e mia moglie sputò il pezzo di carne con un ringhio. Un animalesco grido di angoscia proruppe dalle sue labbra.
  
(Han Kang, La vegetariana)


Buon pomeriggio, lettori in pantofole! L'autunno è arrivato e lo inauguro con una nuova recensione. La vegetariana è il primo volume del mio nuovo progetto di lettura #leggerecoreano e un ritorno alla scrittura elegante e corposa di Han Kang. Vi ricordate? Vi avevo già parlato del suo Atti Umani (trovate qui la recensione). Con questo nuovo volume, però, mi sono trovata davanti qualcosa di molto diverso, una storia forte e controversa che ha fatto molto parlare di sé e che si è aggiudicata nel 2016 l'ambitissimo Man Booker International Prize...
 

In una fredda mattina di febbraio, Yeong-hye si sveglia dopo aver fatto un sogno terrificante e prende una decisione definitiva: non mangerà più carne né qualsiasi altro alimento da essa derivato. Il suo corpo inizia lentamente a deperire ma niente riesce a smuoverla dalla sua scelta, né le ingerenze del marito né quelle della famiglia che biasima e attacca il suo comportamento senza altresì cercare di capire. Un lento, inesorabile ritirarsi dall'esistenza che getterà Yeong-hye e tutti coloro che la circondano in un baratro di sofferenza e orrore...

IL MIO PENSIERO
Prima che mia moglie diventasse vegetariana, l'avevo sempre considerata del tutto insignificante. Per essere franco, la prima volta che la vidi non mi piacque nemmeno. Né alta né bassa, capelli a caschetto né lunghi né corti, colorito itterico e malaticcio, zigomi un po' sporgenti: quella sua aria timida e giallognola mi disse tutto quello che mi occorreva sapere di lei.
Sono le parole del marito di Yeong-hye ad aprire il romanzo, un incipit che a prima vista può sembrarci innocuo, l'anticamera di una storia di ambiente domestico, forse non felice, ma che sicuramente non sembra celare in sé niente di minaccioso. Eppure bastano poche pagine per rendersi conto che la scelta di Yeong-hye di non mangiare carne cela in sé una forza distruttrice inaudita. Perché questo è soprattutto La vegetariana, una storia di orrore e violenza: fisica, psicologica, alimentare. Le motivazioni che spingono la protagonista a rifiutare un certo tipo di alimentazione non sono chiare, poiché esplicitate solo attraverso flashback e immagini oniriche eppure è evidente che il rifiuto di Yeong-hye, il suo lento e inevitabile ritirarsi da un'esistenza normale, il suo tentativo di trasformarsi di fatto in un vegetale, celi ferite profonde. Ferite che le persone che la circondano sembrano ignorare o voler ignorare, prese come sono dal qui e dall'ora, dalle apparenze, dalle convenzioni. Il loro accanirsi su Yeong-hye e le sue abitudini alimentari saranno l'ultima goccia, un baratro che risucchierà le loro esistenze e porterà alla distruzione di un'intera famiglia. 

Il romanzo è composto da tre parti, tre voci diverse che cercano di fare i conti con i comportamenti inaspettati e "ferini" di Yeong-hye: il marito della donna, il di lei cognato e la sorella. Il primo inetto, misogino ed egoista evidenzia la totale assenza di comprensione nei confronti della moglie, considerata alla stregua di un oggetto e quindi, nella situazione di difficoltà psicologica in cui versa, un peso e una vergogna della quale è necessario liberarsi. La storia raccontata da Han Kang si carica allora di una anche non troppo velata critica sociale, nei confronti di una certa tradizione familiare coreana che vuole la donna totalmente sottomessa al marito. E in effetti i personaggi maschili fanno una ben misera figura in queste 192 pagine a partire dal padre, il capofamiglia, che tenta con la forza di far mangiare la figlia: «Padre, io non mangio carne».
Un attimo dopo, il palmo aperto di mio suocero fendette l'aria. Mia moglie si portò una mano alla guancia. [...] Le labbra di mio suocero fremevano come se la sua agitazione non fosse ancora passata. Sapevo da tempo del suo carattere estremamente violento, ma era la prima volta che lo vedevo con i miei occhi picchiare qualcuno.
C'è poi il cognato, artista e cineasta che attraverso il corpo sofferente di Yeong-hye cercherà di realizzare le proprie ossessioni, affermare se stesso e la propria concezione dell'arte. 
Il romanzo si chiude sul punto di vista della sorella, la sola che cercherà di trovare un canale di comunicazione con Yeong-hye, la sola a porsi domande, spesso prive di risposte, la sola che nel disagio psichico della sorella, riconoscerà anche il proprio, quell'assenza di libertà che può sfociare in feroce follia: È il tuo corpo, puoi trattarlo come ti pare. L'unico territorio in cui sei libera di fare come preferisci. Ma anche questo non va come volevi.
E a dominare su tutto c'è la violenza delle immagini suscitate dalla penna di Han Kang, una violenza che è sì psicologica ma anche e soprattutto fisica, alimentare, sessuale. Quattro pantofole. La vegetariana è un romanzo difficile, disturbante, "ferino" nella forza degli episodi rappresentati ma è anche una storia che suscita tante domande e tanti dubbi... sicuramente non una lettura da affrontare a cuore leggero. 
Dal romanzo è stato anche tratto un film nel 2009 per la regia di Lim Woo-seung, presentato nel 2010 al Sundance Film Festival. Di seguito vi lascio tutti i dati del volume, pubblicato in Italia nel 2016:  
  

HAN KANG

La vegetariana 
(The Vegetarian )
editoreAdelphi; pagine: 192; EAN: 9788845934018
data di pubblicazione: 30 maggio 2019
brossura: € 10.00; eBook: € 4.99acquistalo su: la Feltrinelli

«È tutt'altro che un'opera ascetica: è un romanzo pieno di sesso ai limiti del consenziente, di atti di alimentazione forzata e purificazione - in altri termini di violenza sessuale e disordini alimentari, mai chiamati per nome nell'universo di Han Kang ... Il racconto di Han Kang non è un monito per l'onnivoro, e quello di Yeong-hye verso il vegetarianesimo non è un viaggio felice. Astenersi dal mangiare esseri viventi non conduce all'illuminazione. Via via che Yeong-hye si spegne, l'autrice, come una vera divinità, ci lascia a interrogarci su cosa sia meglio, che la protagonista viva o muoia. E da questa domanda ne nasce un'altra, la domanda ultima che non vogliamo davvero affrontare: "Perché, è così terribile morire?"». (The New York Times)
Traduzione di: Milena Zemira Ciccimarra.

CHI È HAN KANG:
è nata in nel 1970 a Gwanju, in Corea del Sud, e si è trasferita con la famiglia a Seoul pochi mesi prima del massacro del maggio 1980. Figlia dello scrittore Han Seung-won, è stata insignita, come lui, del prestigioso Yi Sang Literary Award. La vegetariana, apparso nel 2007 e tradotto in una ventina di paesi, ha vinto nel 2016 il Man Booker International Prize per la sua «sbalorditiva miscela di orrore e bellezza».
Di Han Kang Adelphi ha pubblicato anche Atti umani (2017) vincitore del Premio Malaparte e Convalescenza (2019).

Chiudo con Anesthesia (Life is Killing Me, 2003) dei Type O Negative, uno dei miei brani preferiti della band capitanata dal compianto Peter Steele perché quel passo urlato I don't feel anything mi ha fatto inevitabilmente pensare a Yeong-hye e al suo stato "vegetativo". E ce l'andiamo ad ascoltare nella versione live dal Wacken Festival del 2007:

1 commento:

  1. Ciao Jerry :-)
    Hai scritto una bellissima recensione, si sente che il libro ti ha "provato".
    Penso sia una storia molto interessante dal punto di vista psicologico e dello stile dell'autrice e sono certa che prima o poi lo leggerò perché questi sono i libri che fanno davvero riflettere sul disagio sociale che spesso non si vede o non si vuole vedere.
    A presto e grazie per averne parlato!

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