La causa di tutto ciò era da ricercare nella grande confusione generata dalla riunificazione pacifica, arrivata per tutti come un fulmine a ciel sereno; il recupero degli armamenti e la relativa amministrazione dell’esercito repubblicano furono ben poco efficienti. E questo fu soltanto uno dei migliaia di demoni liberati il 9 maggio 2018 alle quattro del pomeriggio, quando sulla penisola coreana si aprì bruscamente il vaso di Pandora.
(Lee Eung-jun, Vita privata di una nazione)

Vita privata di una nazione è un romanzo complesso, un romanzo in cui da tempo volevo tuffarmi. Perché Lee Eung-jun gioca con la penna, rimescola le carte, i generi, costruendo un noir che però profuma di distopia, colorandolo di venature soprannaturali e soprattutto intessendolo strettamente con la storia di un popolo da tempo diviso, esorcizzando il tema tutt’altro che semplice, anzi quasi un tabù, della riunificazione delle due Coree. Il tutto con uno stile narrativo incalzante, cinematografico, che in diversi punti mi ha ricordato le scene pirotecniche dell’hongkonghese John Woo…
Anno 2023, una limpida giornata di primavera nella Repubblica di Corea Unificata. C’era stato il funerale di un uomo, attorniato da altri uomini. Sebbene il morto e quelli ancora in vita si conoscessero bene, nessuno pianse.
Parte da qui la nostra storia, da una fantomatica Corea riunificata da cinque anni. Ma si badi bene, l’unificazione non ha generato i risultati sperati: pace, unione e prosperità, bensì un paese sprofondato nel caos: migrazioni di massa, speculazioni edilizie, nuove forme di povertà e corruzione. Il potente esercito nordcoreano, per esempio, smantellato all’alba della nascita della Repubblica di Corea Unificata si è riorganizzato in bande armate che, insediatesi al sud, controllano giri di prostituzione e traffici di droga, come la campanula bianca prodotta nelle regioni montuose del nord o il Red Eye, un nuovo tipo di allucinogeno che si diffonde incontrollato nella penisola. Ed è nel cuore del Fiume Taedong, potente organizzazione criminale gestita da nordcoreani, che si sviluppa la trama noir ideata da Lee Eung-jun. Al vertice, quasi una novella Trinità, ci sono il boss O Namch’ŏl, il suo braccio sinistro, il Giovane Generale, dotato di non ben definite capacità medianiche e in odore di sciamanesimo e il braccio destro, Ri Kang, ex ufficiale e nipote di un famoso patriota nordcoreano. Ma quando quest’ultimo inizia a indagare sulla misteriosa morte di un altro affiliato, la potente facciata del Fiume Taedong inizia a sfaldarsi come neve al sole, mostrando trame e sottotrame che si intersecano come i cunicoli che corrono sotto il Palazzo dell’Indipendenza, il quartier generale dell’organizzazione. Perché il fiume Taedong è un po’ lo specchio di una Corea solo superficialmente unita, troppe le differenze culturali e ideologiche che hanno aperto una voragine tra la popolazione e troppi gli scheletri di una storia tutt’altro che innocente. E i riferimenti alla storia con la S maiuscola sono continui e puntuali, perché Lee Eung-jun punta il dito su una ferita aperta, su un’eventualità forse remota ma onnipresente nella vita del popolo coreano, su una domanda che si cerca di esorcizzare ma che pure è sotto gli occhi di tutti da più di settant’anni…
Il ritmo è avvincente, la trama noir mi ha completamente assorbita con il suo affastellarsi di personaggi, sottotrame, pulsioni. Non mancano scene splatter, visionarie e quasi cinematografiche: devo dire che la resa dei conti nei cunicoli del Palazzo dell’Indipendenza mi ha ricordato non poco i film d’azione alla John Woo… Pure non mancano i difetti: ho trovato alcune parti sin troppo cervellotiche, in particolare la componente soprannaturale che accompagna il protagonista Ri Kang, nella figura del nonno che gli compare spesso in sogno, o il Giovane Generale che simboleggia un po’ un’altra anima della storia coreana fatta di spiritualità ma anche superstizione; parti sicuramente interessanti ma che appesantiscono una trama già di per sé labirintica e complessa.
Chissà se Yi Changgon, così come il poeta fratello maggiore di Yi Sŏn'u, aveva presagito il tetro futuro del proprio paese. Chissà se credevano che ci sarebbe stata una speranza per aprire uno scenario di cambiamento capace di volare alto, in cui quella nazione divisa, che in principio era soltanto un uovo, sarebbe diventata un gigantesco pesce per poi trasformarsi in un enorme uccello.
[...]
«Saremo mai capaci di cambiare?»
«Saremo? Di quale "noi" parli?»
«Di tutti quanti».
«Non riporre fiducia negli uomini. Finirai per farti male».
Tre pantofole e mezzo. Un romanzo sui generis, che mi ha colpito nel suo essere apocalittico, complesso, sfaccettato. Un romanzo che pone tante domande ed evoca scenari tutt’altro che rassicuranti… Interessanti gli apparati finali, note e postfazione a cura della traduttrice, che approfondiscono alcuni spunti del romanzo ma soprattutto alcuni episodi citati della storia coreana. Peccato, invece, per i tanti (troppi) refusi che hanno appesantito un po’ la lettura…
Di seguito vi lascio tutti i dati del volume uscito per Atmosphere Libri nel 2016:

LEE EUNG-JUN
Storia privata di una nazione
editore: Atmosphere Libri; pagine: 260; EAN: 9788865641972
data di pubblicazione: 27 ottobre 2016
brossura: € 16.00
Corea Unificata, anno 2023. A cinque anni dall'annessione della Repubblica Popolare Democratica di Corea (Corea del Nord) da parte della Repubblica di Corea, il panorama della nazione, riunificata dopo settant'anni e cupo, caotico, pieno di incertezze. La corruzione è diffusa in ogni strato sociale e le contraddizioni di un paese che già prima dell'unificazione mostrava degli enormi problemi sono sempre più evidenti. Seoul, la capitale che agli occhi dei nordcoreani rappresentava un'illusoria isola di abbondanza, di pace e di libertà, e invasa da migrazioni di massa. Baraccopoli e centri di smistamento di capitale umano sorgono in ogni periferia della città e nel centro sono istituite gigantesche mense per i poveri rifugiati, le cosiddette "mense della riunificazione". Ri Kang, in passato fiero membro dell'Armata Popolare nordcoreana e divenuto, dopo l'unificazione, membro ai vertici del Fiume Taedong, organizzazione criminale. Il giovane e investito dall'ondata emozionale della fine di una nazione per la quale, in qualsiasi momento, avrebbe saputo sacrificare la propria vita. Ri Kang, cercando le prove e seguendo tutti gli indizi sulla morte del suo amico Pyŏngmo, finisce per fronteggiare sempre di più O Namch'ŏl, capo del Fiume Taedong. Ri Kang tenta di opporsi a un catastrofico piano di distruzione dell'intera nazione, sostenuto dalla compagna del defunto Rim Pyŏngmo, rimasta vedova e desiderosa di vendetta. Yun Sanghŭi, figliastra di Ch’oe Yŏl, altro rampollo della malavita del Sud, una donna misteriosa che a un tratto compare nella vita di Ri Kang, lo aiuterà ad arrivare alla verità sulla morte di Pyŏngmo.
Traduzione di: Mary Lou Emberti Gialloreti

CHI È LEE EUNG-JUN:
è nato a Seul nel 1970, si è laureato all’università di Hanyang in lingua e letteratura tedesca. Autore poliedrico di raccolte di racconti, come Il funerale della mia fidanzata (1999), raccolte di poesie, come Gli alberi rinnegano quel bosco (1995) e romanzi, come Il paradiso nascosto ai piedi dell’olmo (2001) e Vita privata di una nazione (2009), Lee Eung-jun dimostra un profondo interesse per la storia moderna, la letteratura e la conoscenza della società coreana, su cui intreccia trame complesse e storie di personaggi che attraverso il flusso dei propri sentimenti, regalano al lettore la possibilità di entrare in un mondo ricco di sfumature.
E chiudiamo facendo un salto negli anni ’90, con un gruppo sudcoreano famosissimo per la capacità di combinare stili e generi musicali tra loro molto diversi (punk, metal, hip hop) e soprattutto per aver importato quegli stessi stili su una scena, quella coreana appunto, dove erano praticamente quasi sconosciuti. Loro sono i Seo Taiji and Boys e il brano, Come Back Home, è tratto dal loro quarto album in studio (Seo Taiji and Boys IV, 1995).
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