Cominciavo a essere consapevole del fatto che se si aspetta sempre che sia qualcun altro a parlare, le cose non cambieranno mai. E finalmente sono riuscita a dire ciò che dovevo e a farmi ascoltare, mettendoci il nome e la faccia.
Poi, il 22 settembre 2017, la Commissione ha emesso il verdetto. «Non luogo a procedere», confermando la decisione del pubblico ministero. Su quali "fatti", però, la Commissione aveva basato le sue conclusioni?
(Shiori Ito, Black Box)
Buona domenica, lettori in pantofole! Eccomi di ritorno a cercare di recuperare le letture del mese di gennaio. Oggi vorrei parlarvi di Black Box e del caso di Shiori Ito divenuta con la sua vicenda voce e immagine del movimento Me Too in Giappone.
La prima volta che ho sentito parlare di Shiori Ito è stato quest'estate durante l'ultimo Far East Festival con il documentario I-documentary of a Journalist dedicato alla giornalista Isoko Mochizuki, un lungometraggio che fotografa la situazione della libertà di informazione in Giappone, tra omissioni, inquinamenti e censure. Be', nel documentario si toccava incidentalmente anche il caso di stupro di cui fu vittima la filmmaker Shiori Ito nel 2015 e il difficile cammino intrapreso da questa giovane donna per dare voce alla sua vicenda, per ottenere verità e giustizia.
Poco dopo, sui social, ho scoperto che il suo memoir sarebbe stato pubblicato anche da noi grazie alla libreria indipendente Inari Books di Torino. L'ho subito prenotato e non sono rimasta delusa, perché Black Box si è rivelata una lettura sì dolorosa e difficile, ma anche lucida diretta e, soprattutto, necessaria...
Nel 2015 Shiori Ito, giovane filmmaker freelance, accusò di stupro Noriyuki Yamaguchi noto giornalista e all'epoca direttore della TBS di Washington.
La notte del 3 aprile 2015 la giovane si svegliò in una stanza di albergo, sopra di lei c'era un uomo e la stava aggredendo, lo stesso uomo con il quale si era incontrata poche ore prima per discutere di lavoro. Ma quando Shiori Ito si decise a denunciare tutto quanto alla polizia, si sentì rispondere che il suo caso era da considerarsi una "Black Box", una stanza chiusa, e che per questo sarebbe stato molto difficile dimostrare la violenza... Un fatto accaduto all'interno di una "stanza chiusa", la parola della vittima contro quella dell'accusato e il lungo calvario di una donna che ha deciso di non tacere...
IL MIO PENSIERO
Il pubblico ministero aveva definito il mio caso «black box»: un fatto accaduto all'interno di una stanza chiusa [...] Nel mio caso, i filmati dimostravano che ero stata portata in albergo di peso, ma avevo trascorso diverso tempo all'interno della stanza: in questo lasso temporale il consenso c'era stato oppure no?
Mi hanno fatto notare più volte che nessuno potrà mai sapere cosa sia accaduto in una stanza chiusa [...] Come può, però, una persona trascinata di peso e priva di sensi esprimere il proprio consenso?
Shiori Ito non ci sta, ha deciso di aprire le porte di quella "stanza chiusa" e lo ha fatto da sola, con la sua voce, mettendoci il nome, la faccia e la penna, perché è questo che fa un buon giornalista cerca e persegue la verità, per quanto scomoda possa essere, per quanto debba scontrarsi con i tabù, con un sistema giudiziario rigido e codificato, con le omissioni e le omertà di certa informazione, con la società tutta e l'inevitabile dibattito che casi del genere innescano in essa.
Ma un buon giornalista non si tira indietro, anche se in questo caso il giornalista è la vittima, vittima di un crimine odioso e letale e così Black Box è la sua storia, la sua verità, il racconto di una giovane donna che in una sera di primavera si reca in un locale per un colloquio di lavoro con una persona che rispetta e stima e si risveglia poche ore dopo in una stanza di albergo mentre quella stessa persona sta abusando di lei.
È un'indagine lucida, puntuale, scrupolosa, che indaga sulle cosiddette "droghe da stupro", sugli effetti che provocano nelle vittime, sulla difficoltà per le stesse di ricostruire e denunciare la violenza. È un'inchiesta che punta il dito sulle mancanze di un sistema, sportelli informativi, centri di sostegno, che possano supportare e affiancare le vittime di abusi, è la denuncia nei confronti di un sistema giudiziario e legislativo che necessitano oggi più che mai di riforme e profonde revisioni ma è anche un memoir e per quanto il taglio sia giornalistico, lucido e disincantato a emergere a tratti sono le emozioni e i sentimenti di una donna ferita e violata.
Black Box è un libro che ci va giù duro, un libro al quale non si può restare indifferenti, con passi che lasciano basiti, come quando la giornalista è costretta a ricostruire davanti agli investigatori, con tanto di fantoccio, la dinamica dello stupro: Se le vittime dei reati sessuali sono costrette a subire una simile umiliazione, c'è un problema a livello di sistema investigativo, oltre che a livello educativo.
Ed è un libro che si interroga profondamente sul concetto di "consenso", che dimostra quanto ancora il sistema legislativo e la società tutta siano "indietro" nella difesa delle vittime di crimini a sfondo sessuale, in ogni parte del mondo, che sia il Giappone di Shiori Ito o il Montana denunciato da Jon Krakauer. Già, perché il caso della giornalista giapponese riporta inevitabilmente a quelli di Missoula e all'inchiesta di Krakauer (tra l'altro esplicitamente citato da Ito) sui casi di violenza sessuale perpetrati nel campus dell'università del Montana (trovate qui la mia recensione).
Shiori Ito denuncia e invoca un cambiamento profondo a livello di società e di legislazione: Bisogna pertanto educare la società per ottenere una vera e propria trasformazione, passando dall'idea che "senza un NO non è davvero NO" al suo opposto ovvero che "senza un SÌ non c'è consenso" e per farlo si è schierata in prima linea mettendo a repentaglio la sua vita privata, gli affetti e la sua stessa carriera professionale. 4 pantofole. Un libro doloroso, difficile, diretto come uno schiaffo in piena faccia, ma come dicevo in apertura un libro assolutamente "necessario".
Di seguito vi lascio tutti i dati del volume uscito in Italia grazie a Inari Books, libreria indipendente al suo esordio editoriale, e non ci resta che sperare che ci porti presto altri titoli targati Oriente:
SHIORI ITO
Black Box
editore: Inari Books; pagine: 176; EAN: 9788894584103
Il 3 aprile 2015 Ito Shiori si sveglia in piena notte in una stanza d’albergo, in preda a un dolore intenso e lacerante. Sopra di lei c’è l’uomo con cui era uscita poche ore prima.
Ha deciso di sfidare un intero sistema, mettendoci il nome e la faccia, ed è diventata una delle esponenti di spicco del movimento MeToo in Giappone.
Una stanza chiusa, una black box, la parola di lei contro quella di lui, il calvario di una donna ripetutamente umiliata nel suo tentativo di ottenere giustizia.
Questa è la sua storia.
Questa è la sua verità.Traduzione di: Asuka Ozumi
CHI È SHIORI ITO:
giornalista, documentarista e filmmaker. Nel 2019 viene selezionata da Newsweek tra i 100 giapponesi più rispettati al mondo. Inoltre è inserita dal Time nella lista delle 100 persone più influenti del 2020.
Il suo focus principale sono i diritti umani, con particolare attenzione alla questione di genere.
Nel 2018 ottiene la Medaglia d'Argento al New York Festivals, nella categoria Social Issues con il film Lonely Death, di cui cura la regia. Nel 2017, basandosi sulla propria esperienza diretta di uno stupro, scrive Black Box, denunciando il sessismo nella società e nelle istituzioni. Nel 2018 Black Box ottiene il Best Journalism Award del Free Press Association of Japan.
You profit from the lie, You prophet from the lie, You profit from the rape... Cantavano le riot grrrl Bikini Kill nel 1991 (Revolution Girl Style Now!, 1991), il movimento Me Too era ancora là da venire ma nel 2021 la battaglia è sempre la stessa...
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