«Sai,» dice sorridendo «ho pensato una cosa. Vista da vicino la primavera non è poi così spettacolare... è viscida, appiccicosa. Dai, andiamo a mangiare. Non vedo l'ora di tornare a vedere le onde».
(Jill Eisenstadt, Rockaway Beach)
Buon sabato, lettori in pantofole! Che strano ritrovarsi qui dopo tutto questo tempo. Credo che questa sia stata la pausa più lunga del blog, ma il periodo è stato davvero intenso, tra la fiera di Bologna e il post fiera non ho avuto un attimo di respiro e il pensiero di mettermi la sera al pc mi faceva stare male... Be', vediamo di rimetterci in carreggiata 😉
Oggi vorrei parlarvi di un romanzo che ho terminato giusto ieri sera. Con Rockaway Beach mi sono avvicinata alla East Coast e a quel Literary Brat Pack di cui Jill Eisentadt faceva parte assieme ad autori del calibro di Bret Easton Ellis, McInerney e Donna Tartt.
Una lettura acerba, dal sapore salmastro, che ci catapulta in un attimo nei lontani e mitici anni Ottanta...
Rockaway Beach, anni Ottanta, una lingua di terra che si estende a sud di Long Island. Qui, tra la spiaggia e il lungomare, si srotolano le vicende di quattro ragazzi: Alex, Timmy, Peg e Chowderhead. Ma l'estate è agli sgoccioli e il gruppo sta per dividersi: c'è chi sogna il college, chi non riesce ad andarsene, chi vede davanti a sé solo il buco nero di un'esistenza ordinaria e beige. Tra precarietà, rimpianti, sogni di fuga e cambiamento, i quattro amici si troveranno alle prese con la sfida più ardua di tutte: crescere.
IL MIO PENSIERO
Rockaway è una sottile lingua di terra che penzola giù dal Queens, indecisa se staccarsi e diventare un'isola o tenersi più forte, terrorizzata all'idea di essere abbandonata. Sulla cartina c'è, ma a coprirla basta uno stupido bastoncino da cocktail.
È su questa lingua di terra, la stessa Rockaway Beach cantata dai Ramones, che si muovono i personaggi di Jill Eisenstadt. Sono gli anni Ottanta, ci sono i walkman, i ragazzi si scrivono lettere con carta e inchiostro e Billy Idol intona la sua Flesh For Fantasy. Niente di più lontano, un quadretto vintage, eppure il senso di precarietà che attanaglia Alex, Timmy, Peg e Chowderhead è lo stesso che hanno provato e provano gli adolescenti di ogni tempo.
Tra amori, rimpianti, sogni di evasione e fughe, i quattro amici si incontrano e si scontrano. Il romanzo è costruito a episodi, quasi dei mini racconti leggibili anche singolarmente, che si srotolano tra la spiaggia di Rockaway e il suo lungomare. C'è il chiosco degli hot dog, la torretta dei guardaspiaggia, il caldo afoso e appiccicoso dell'estate e il bianco e nero dell'inverno: e l'inverno fa schifo a Rockaway, un susseguirsi di inutili decisioni da prendere, sempre le stesse, senza soluzione di continuità: televisione o videocassetta, sette e mezzo o ventuno, vodka e succo d'arancia o succo d'uva.
È inevitabile allora desiderare di andarsene, crescere, conoscere, evadere da un'esistenza "ordinaria e beige", anche se questo comporta rompere certi equilibri, certe dinamiche. Ed è su questi equilibri che gioca Jill Eisenstadt con i suoi personaggi, anche se il ritmo della narrazione spesso si inceppa, rallenta, e il lettore (o almeno la sottoscritta) arranca con fatica dietro ai quattro amici.
Con uno stile acerbo, salmastro, a volte fin troppo sporco, l'autrice racconta le incertezze e i desideri di un gruppo di ragazzi di provincia intenti a superare quel confine instabile, precario e pericoloso che separa l'adolescenza dall'età adulta: Qui è diverso. Sei per conto tuo, puoi fare quello che ti pare. E invece, proprio come a casa, te ne stai seduta in un bar.
From Rockaway mi ha ricordato inevitabilmente Bret Easton Ellis. Del resto i temi trattati sono quelli affrontati anche dagli altri componenti del Literary Brat Pack: la gioventù, la noia, il senso di vuoto e precarietà. Ma qui il punto di vista è diametralmente opposto rispetto ai personaggi dello scrittore losangelino: niente upper-class è la provincia a farla da padrona, è Rockaway Beach a dominare con le sue palafitte, i suoi bar e i suoi chioschi per gli hot dog. Tre pantofole. Un romanzo di tutto rispetto, anche se devo ammettere, non mi ha entusiasmata come mi sarei aspettata. Forse è stato il ritmo, a volte fin troppo lento, oppure la struttura episodica della narrazione, certo è che l'ho vissuto come lontano, "cristallizzato", un bel quadretto vintage come dicevo all'inizio.
Di seguito vi lascio tutti i dati del volume pubblicato per la prima volta in America nel 1987. In Italia è arrivato lo scorso anno grazie a Edizioni Black Coffee:
È su questa lingua di terra, la stessa Rockaway Beach cantata dai Ramones, che si muovono i personaggi di Jill Eisenstadt. Sono gli anni Ottanta, ci sono i walkman, i ragazzi si scrivono lettere con carta e inchiostro e Billy Idol intona la sua Flesh For Fantasy. Niente di più lontano, un quadretto vintage, eppure il senso di precarietà che attanaglia Alex, Timmy, Peg e Chowderhead è lo stesso che hanno provato e provano gli adolescenti di ogni tempo.
Tra amori, rimpianti, sogni di evasione e fughe, i quattro amici si incontrano e si scontrano. Il romanzo è costruito a episodi, quasi dei mini racconti leggibili anche singolarmente, che si srotolano tra la spiaggia di Rockaway e il suo lungomare. C'è il chiosco degli hot dog, la torretta dei guardaspiaggia, il caldo afoso e appiccicoso dell'estate e il bianco e nero dell'inverno: e l'inverno fa schifo a Rockaway, un susseguirsi di inutili decisioni da prendere, sempre le stesse, senza soluzione di continuità: televisione o videocassetta, sette e mezzo o ventuno, vodka e succo d'arancia o succo d'uva.
È inevitabile allora desiderare di andarsene, crescere, conoscere, evadere da un'esistenza "ordinaria e beige", anche se questo comporta rompere certi equilibri, certe dinamiche. Ed è su questi equilibri che gioca Jill Eisenstadt con i suoi personaggi, anche se il ritmo della narrazione spesso si inceppa, rallenta, e il lettore (o almeno la sottoscritta) arranca con fatica dietro ai quattro amici.
Con uno stile acerbo, salmastro, a volte fin troppo sporco, l'autrice racconta le incertezze e i desideri di un gruppo di ragazzi di provincia intenti a superare quel confine instabile, precario e pericoloso che separa l'adolescenza dall'età adulta: Qui è diverso. Sei per conto tuo, puoi fare quello che ti pare. E invece, proprio come a casa, te ne stai seduta in un bar.
From Rockaway mi ha ricordato inevitabilmente Bret Easton Ellis. Del resto i temi trattati sono quelli affrontati anche dagli altri componenti del Literary Brat Pack: la gioventù, la noia, il senso di vuoto e precarietà. Ma qui il punto di vista è diametralmente opposto rispetto ai personaggi dello scrittore losangelino: niente upper-class è la provincia a farla da padrona, è Rockaway Beach a dominare con le sue palafitte, i suoi bar e i suoi chioschi per gli hot dog. Tre pantofole. Un romanzo di tutto rispetto, anche se devo ammettere, non mi ha entusiasmata come mi sarei aspettata. Forse è stato il ritmo, a volte fin troppo lento, oppure la struttura episodica della narrazione, certo è che l'ho vissuto come lontano, "cristallizzato", un bel quadretto vintage come dicevo all'inizio.
Di seguito vi lascio tutti i dati del volume pubblicato per la prima volta in America nel 1987. In Italia è arrivato lo scorso anno grazie a Edizioni Black Coffee:
JILL EISENSTADT
Rockaway Beach
(From Rockaway)
editore: Edizioni Black Coffee; pagine: 260; EAN: 9788894833072
editore: Edizioni Black Coffee; pagine: 260; EAN: 9788894833072
data di pubblicazione: 30 agosto 2018
Rockaway, New York, anni Ottanta. Peg, Alex, Chowderhead e Timmy trascorrono le loro giornate sulla spiaggia, dove alcuni di loro lavorano come bagnini. Fanno baldoria, cavalcano onde, condividono sogni. Il gruppo, però, perde un membro essenziale quando Alex riceve una borsa di studio da un college del New England. Per Timmy, che ha abbondonato il liceo a pochi mesi dal diploma e da sempre è innamorato di Alex, questo è un duro colpo. Per superare l'inverno si fa assumere al minimarket del quartiere e scrive lettere, che poi non invia, al padre che non ha mai conosciuto. Intanto Alex, che a Rockaway non si non si è mai sentita capita, si ambienta nella nuova scuola scoprendo di essere la più «normale» fra i suoi compagni. Le dinamiche antropologiche che studia sui libri le paiono ben più interessanti delle discutibili attività cui assiste nel suo dormitorio e il tedio gradualmente accende in lei la nostalgia di casa. Ma l'estate seguente sulla spiaggia di Rockaway soffia un vento diverso. Il gruppo si trova faccia a faccia con una cruda verità: puoi scappare quanto vuoi, ma non lascerai mai del tutto casa. Crescere è una scelta. C'è la vita. E poi c'è Rockaway Beach.
Traduzione di: Leonardo Taiuti
(1963), è sceneggiatrice, insegnante e autrice dei romanzi Rockaway Beach, Kiss Out e Swell. È nata nel Queens e ha frequentato il Bennington College. Faceva parte del cosiddetto «Literary Brat Pack», un gruppo di giovani scrittori che avrebbero avuto un forte impatto sul futuro della letteratura: Jay McInerney, Bret Easton Ellis, Tama Janowitz e Donna Tartt. I suoi scritti sono apparsi su New York Times, New York Magazine, Vogue, Elle, The Boston Review, Queens Noir e The Best of the New York Times City Section. Jill Eisenstadt ha vinto una Fellowship alla Columbia University, un National Foundation for Advancement in the Arts Teacher Award e un National Endowment for the Arts Fiction Grant. Vive a Brooklyn.
It's not hard, not far to reach, we can hitch a ride to Rockaway Beach... Rock-rock, Rockaway Beach...
Be', dai, qui la scelta era d'obbligo, non posso che chiudere con Rockaway Beach dei Ramones dall'album Rocket to Russia del 1977:
Ciao Jerry! Ho avuto un lungo periodo di assenza anche io quindi capisco benissimo cosa vuol dire "rimettersi in carreggiata".
RispondiEliminaHai scritto una recensione così ricca di atmosfera che il quadro vintage di questo romanzo traspare da ogni riga.
Ciao Francy, grazie mille! Purtroppo quando il dovere chiama il blog ci rimette, ma appena ho un attimo di tempo cerco di riprenderlo in mano ;-)
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