domenica 19 ottobre 2025

L'ora di greco

Se la neve è silenzio che scende dal cielo, la pioggia forse è un’interminabile catena di frasi.
Parole che cadono sui marciapiedi, sui tetti dei palazzi di cemento, sulle pozzanghere nere, e rimbalzano.
Lettere della mia lingua madre avviluppate in gocce d’acqua nere.
Tratti dritti e rotondi, punti sfuggenti.
Virgole e interrogativi che si incurvano.
(Han Kang, L'ora di greco)


Dopo Atti e umani e La vegetariana sono tornata alla scrittura elegante e corposa di Han Kang. E una volta di più mi sono resa conto che avvicinarsi ai suoi romanzi non è un’impresa da affrontare a cuor leggero. A dominare sulla pagina, in questo caso, sono la parola e la vista; sono i traumi che ci portiamo dentro e che possono minare la mente e il fisico. In certe immagini mi ha ricordato La vegetariana anche se qui un lieve barlume di luce sembra tremolare in fondo al tunnel…

IL MIO PENSIERO
E alla fine, un inverno, era arrivata quella cosa. Aveva appena compiuto sedici anni quando, di colpo, il linguaggio che l’aveva imprigionata e torturata come un vestito intessuto di migliaia di spilli era sparito. Il suo udito funzionava ancora, ma un silenzio simile a uno strato spesso e compatto di aria aveva ostruito lo spazio tra la chiocciola dell’orecchio e il cervello.
Lei non parla, non è sordomuta, ci sente benissimo, ma è completamente muta e afona. Un silenzio che viene da lontano, da un disagio che l’accompagna fin dall’adolescenza, un disagio intermittente, perché la voce è tornata per un certo periodo ma poi è di nuovo sparita. Nel mezzo ci sono l’ossessione spasmodica e quasi nevrotica per il linguaggio, la morte di una madre, il divorzio e la perdita dell’affidamento di un figlio…
Lui è quasi cieco, la malattia ereditaria agli occhi che lo ha colpito in giovane età sta progredendo inesorabilmente: ormai vede solo delle immagini sfocate ed è destinato al buio completo. È coreano, ma è cresciuto in Germania, dove sono rimaste la madre, la sorella e una relazione finita male, che ha generato dolore e sensi di colpa. Adesso insegna greco antico in una scuola privata di Seoul. Ed è nell’“ora di greco” che i due personaggi senza nome si sfiorano, tutti e due piegati in avanti, più o meno allo stesso angolo, con un borsone in spalla. Reciprocamente e placidamente consapevoli della presenza dell’altro. Il buio che risale da un luogo più profondo della lingua e della gola (lei) e il buio di una vita divisa a metà, spaccata tra due lingue e due culture (lui) si incontrano e si mescolano sulla pagina, in una sorta di intimità intessuta di ombre e abbandono.

Gioca con i sensi Han Kang, e ci parla ancora una volta di traumi, sofferenza e solitudine, con quella sua penna lirica che vive di suggestioni, echi e riferimenti dotti, che sa essere lieve ma anche tremendamente fisica e “disturbante”. Si pensi all’episodio della morte del cagnolino della donna o alle descrizioni di una Seoul devastata dal calore, a quelle immagini “appicicaticce” che suscitano solo malessere e disagio (불편 in coreano).
4 pantofole. Un romanzo da “percepire” più che da leggere, che suscita tante domande senza mai dare risposte, ma che pure vede tremolare una luce nell’incontro sfuggente di due anime.

Di seguito vi lascio tutti i dettagli del volume uscito per la prima volta per Adelphi nel 2023:

HAN KANG

L'ora di greco
editore: Adelphi; pagine: 176; EAN: 9788845938337
data di pubblicazione: 30 ottobre 2024
brossura con alette: € 19.00 
In una Seoul rovente e febbrile, una don­na vestita di nero cerca di recuperare la parola che ha perso in seguito a una serie di traumi. Le era già successo una prima volta, da adolescente, e allora era stato l’in­solito suono di una parola francese a scar­dinare il silenzio. Ora, di fronte al riaffio­rare di quel mutismo, si aggrappa alla ra­dicale estraneità del greco di Platone nel­la speranza di riappropriarsi della sua vo­ce. Nell’aula semideserta di un’accademia privata, il suo silenzio incontra lo sguardo velato dell’insegnante di greco, che sta per­dendo la vista e che, emigrato in Germa­nia da ragazzo e tornato a Seoul da qualche anno, sembra occupare uno spazio limina­le fra le due lingue. Tra di loro nasce un’in­timità intessuta di penombra e di perdi­ta, grazie alla quale la donna riuscirà for­se a ritornare in contatto con il mondo. Scritto dopo La vegetariana e definito dal­ la stessa autrice «quasi un suo lieto fine», L’ora di greco si insinua − avvolto in un bozzolo di apparente semplicità − nella mente del lettore, come un «assurdo indimostra­bile», una voce limpida e familiare che ar­riva da un altro pianeta.
Traduzione di: Lia Giovinetti


CHI È HAN KANG:
È nata nel 1970 a Gwangju, in Corea del Sud, e si è trasferita con la famiglia a Seoul pochi mesi prima del massacro del maggio 1980. Figlia dello scrittore Han Seung-won, è stata insignita, come lui, dello Yi Sang Literary Award. Nel 2024 ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura, prima autrice asiatica nella storia ad aggiudicarsi tale riconoscimento. Di Han Kang Adelphi ha pubblicato: La vegetariana (2016), Atti umani (2017), Convalescenza (2019), L’ora di greco (2023), Non dico addio (2024), Nella notte più buia il linguaggio ci chiede di cosa siamo fatti (2025), Il libro bianco (2025).

E come brano di chiusura ho scelto un brano ispirata proprio da un passo del romanzo: Nel silenzio di quella donna c’era qualcosa che metteva paura, qualcosa di terribile. […] Riesci a immaginarlo? Un silenzio del genere non l’avevo mai sentito, in una persona viva.
Un silenzio che “si sente”, che “risuona”, e il collegamento a The Sound of Silence di Simon & Garfunkel (1964) è stato inevitabile… Noi però ce lo andiamo ad ascoltare non nella sua versione originale ma nella cover “da brividi” dei Disturbed al Conan della TBS.

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