Già allora quell'albergo per scapoli era come una porta fra il quartiere cinese di Seattle e Nihonmachi, il quartiere giapponese. Due avamposti di un conflitto del vecchio mondo, dove gli immigrati cinesi e quelli giapponesi di rado si parlavano, anche se i loro bambini, americani per nascita, spesso giocavano insieme per strada. L'hotel Panama era sempre stato un punto di riferimento perfetto, il luogo ideale per darsi appuntamento. Era stato lì che, un tempo, Henry aveva incontrato l'amore della sua vita.
(Jamie Ford, Il gusto proibito dello zenzero)
Buon weekend, lettori in pantofole! La domenica sembra il giorno perfetto per scrivere una recensione, così eccomi qua a raccontarvi qualcosa di un libro che ho avuto il piacere di leggere quest'estate, in viaggio, mentre visitavo i luoghi in cui il romanzo stesso era ambientato. Sto parlando di Il gusto proibito dello zenzero, e posso dirvi che Jamie Ford mi ha convinta una volta di più. Avevo già letto con piacere Come un fiore ribelle, il suo secondo romanzo, ma quest'estate, complice il mio viaggio a Seattle, ho deciso di avvicinarmi all'esordio narrativo di questo autore, il libro che ne ha decretato il successo internazionale...
Seattle, 1984: dopo più di 40 anni di chiusura l'hotel Panama, al confine tra il quartiere cinese e il vecchio quartiere giapponese, torna ad aprire i battenti. La nuova proprietaria ne ha deciso la ristrutturazione ma dai suoi meandri oltre a polvere e calcinacci è emerso anche qualcos'altro: oggetti dal passato, bauli, abiti, fotografie e un delicato parasole di bambù, rosso. A Henry Lee basta guardarlo per provare un tuffo al cuore e tornare di colpo alla Seattle degli anni Quaranta, la Seattle della sua infanzia. Affiorano così i ricordi dell'International District e di Nihonmachi, due avamposti in perenne conflitto: da una parte i cinesi, dall'altra i giapponesi. Emergono le note di un vecchio disco in gommalacca perduto e i lunghi capelli neri di Keiko Okabe, la sua migliore amica, la sua unica amica. Ma sono gli anni del Secondo conflitto mondiale, gli anni in cui essere un giapponese in terra americana era considerato pericoloso. Per questo Henry doveva portare un distintivo sulla sua uniforme scolastica: "Io sono cinese", per distinguersi da coloro che venivano considerati, spie, nemici del popolo americano, per distinguersi da quelli come Keiko. E adesso, dopo quarant'anni, quella oscura pagina della storia americana riaffiora tra i bauli polverosi dell'hotel Panama, tra gli oggetti abbandonati in tutta fretta dai giapponesi deportati e trabocca dal cuore ferito di Henry Lee e dal malinconico ricordo del suo primo amore, Keiko Okabe.
IL MIO PENSIERO
Oai deki te ureshii desu: Ciao, come stai, bellezza mia?
In questa frase, pronunciata con imbarazzo in un parco di Nihonmachi è racchiusa tutta la storia di Henry e Keiko, due ragazzini americani di origini orientali. Una storia, la loro, che si dipana attraverso il tempo e lo spazio e che accompagna il lettore alla scoperta di una pagina oscura della storia americana: la deportazione e l'internamento dei cittadini di origine giapponese durante il Secondo conflitto mondiale.
E non importa che Henry Lee e Keiko Okabe siano nati negli Stati Uniti, cittadini americani a tutti gli effetti, perché origini e tradizioni incombono inesorabili sul loro legame: troppo occidentali per il nucleo sociale a cui appartengono, per la "loro gente", ma troppo "orientali" per una città e un governo che vede nel colore della pelle e nel taglio dei loro occhi, il simbolo del tradimento.
Jamie Ford ci prende per mano e con la sua penna lieve, ci accompagna per le strade di Seattle, tra l'International District e Nihonmachi, e non ci lascia più. Dagli anni Ottanta, la storia procede a ritroso, alla scoperta di un passato sepolto sotto la polvere, tra oggetti perduti e dimenticati in tutta fretta. C'è la storia di amicizia e amore di due ragazzini ignari della realtà complessa che li circonda, c'è l'incomprensione tra un padre e un figlio vissuti in mondi troppo diversi per potersi toccare, c'è Sheldon, il gigante nero, che suona il suo sax per le strade della città e poi c'è l'altro grande protagonista di questo romanzo: il Panama Hotel, un piccolo albergo, quasi una porta, tra i due quartieri orientali di Seattle. Il Panama Hotel è ancora lì oggi, al 605 di Main Street, e vi assicuro che leggere le pagine de Il gusto proibito dello zenzero nella sala da tè a pianterreno è stato davvero emozionante. Nel pavimento, una teca trasparente permette di vedere gli scantinati dove sono ammassati gli oggetti abbandonati dai giapponesi in fretta e furia durante i rastrellamenti degli anni Quaranta. Ci sono quelle stesse valigie e bauli in cui Henry ha rovistato alla ricerca di un vecchio disco perduto di Oscar Holden.
Ed ecco, quello che forse ho più apprezzato di questo romanzo è la capacita di Jamie Ford di compenetrare fiction e Storia: accanto al Panama Hotel troviamo le strade di Seattle, i vecchi locali di jazz come il Black Elks Club, dove di nascosto si beveva lo zenzero giamaicano, un piccolo negozio di dischi nascosto nei meandri di Pioneer Square e proprio lui, Oscar Holden, il padre della scena jazz del Pacific Northwest, che si fa personaggio all'interno del romanzo: Il vecchio si liberò le spalle dalle bretelle, dando al torace spazio di espandersi liberamente, e fece scivolare le dita sulla tastiera mentre il resto della band prendeva il ritmo [...] «Dedico questo pezzo ai miei due nuovi amici... Si intitola Alley Cats "Gatti del vicolo". Lo suonerò in maniera leggermente diversa da come siete abituati a sentirlo, ma penso che vi piacerà».
Cinque pantofole. Henry e Keiko mi hanno conquistata, la storia è scivolata via come una tazza di tè bollente in un freddo pomeriggio e Jamie Ford mi ha convinto una volta di più. Peccato per la traduzione del titolo in Italia che non rende assolutamente giustizia alla storia contenuta nel libro e all'originale: Hotel on the Corner of Bitter and Sweet. Di seguito vi lascio tutti i dati dell'edizione economica uscita per Garzanti lo scorso maggio:
In questa frase, pronunciata con imbarazzo in un parco di Nihonmachi è racchiusa tutta la storia di Henry e Keiko, due ragazzini americani di origini orientali. Una storia, la loro, che si dipana attraverso il tempo e lo spazio e che accompagna il lettore alla scoperta di una pagina oscura della storia americana: la deportazione e l'internamento dei cittadini di origine giapponese durante il Secondo conflitto mondiale.
E non importa che Henry Lee e Keiko Okabe siano nati negli Stati Uniti, cittadini americani a tutti gli effetti, perché origini e tradizioni incombono inesorabili sul loro legame: troppo occidentali per il nucleo sociale a cui appartengono, per la "loro gente", ma troppo "orientali" per una città e un governo che vede nel colore della pelle e nel taglio dei loro occhi, il simbolo del tradimento.
Jamie Ford ci prende per mano e con la sua penna lieve, ci accompagna per le strade di Seattle, tra l'International District e Nihonmachi, e non ci lascia più. Dagli anni Ottanta, la storia procede a ritroso, alla scoperta di un passato sepolto sotto la polvere, tra oggetti perduti e dimenticati in tutta fretta. C'è la storia di amicizia e amore di due ragazzini ignari della realtà complessa che li circonda, c'è l'incomprensione tra un padre e un figlio vissuti in mondi troppo diversi per potersi toccare, c'è Sheldon, il gigante nero, che suona il suo sax per le strade della città e poi c'è l'altro grande protagonista di questo romanzo: il Panama Hotel, un piccolo albergo, quasi una porta, tra i due quartieri orientali di Seattle. Il Panama Hotel è ancora lì oggi, al 605 di Main Street, e vi assicuro che leggere le pagine de Il gusto proibito dello zenzero nella sala da tè a pianterreno è stato davvero emozionante. Nel pavimento, una teca trasparente permette di vedere gli scantinati dove sono ammassati gli oggetti abbandonati dai giapponesi in fretta e furia durante i rastrellamenti degli anni Quaranta. Ci sono quelle stesse valigie e bauli in cui Henry ha rovistato alla ricerca di un vecchio disco perduto di Oscar Holden.
Ed ecco, quello che forse ho più apprezzato di questo romanzo è la capacita di Jamie Ford di compenetrare fiction e Storia: accanto al Panama Hotel troviamo le strade di Seattle, i vecchi locali di jazz come il Black Elks Club, dove di nascosto si beveva lo zenzero giamaicano, un piccolo negozio di dischi nascosto nei meandri di Pioneer Square e proprio lui, Oscar Holden, il padre della scena jazz del Pacific Northwest, che si fa personaggio all'interno del romanzo: Il vecchio si liberò le spalle dalle bretelle, dando al torace spazio di espandersi liberamente, e fece scivolare le dita sulla tastiera mentre il resto della band prendeva il ritmo [...] «Dedico questo pezzo ai miei due nuovi amici... Si intitola Alley Cats "Gatti del vicolo". Lo suonerò in maniera leggermente diversa da come siete abituati a sentirlo, ma penso che vi piacerà».
Cinque pantofole. Henry e Keiko mi hanno conquistata, la storia è scivolata via come una tazza di tè bollente in un freddo pomeriggio e Jamie Ford mi ha convinto una volta di più. Peccato per la traduzione del titolo in Italia che non rende assolutamente giustizia alla storia contenuta nel libro e all'originale: Hotel on the Corner of Bitter and Sweet. Di seguito vi lascio tutti i dati dell'edizione economica uscita per Garzanti lo scorso maggio:
JAMIE FORD
Il gusto proibito dello zenzero
(titolo originale: Hotel on the Corner of Bitter and Sweet)
editore: Garzanti; pagine: 380; EAN: 9788811602903
data di pubblicazione: 3 maggio 2018
Seattle. Nella cantina dell'hotel Panama il tempo pare essersi fermato: sono passati quarant'anni, ma tutto è rimasto come allora. Nonostante sia coperto di polvere, l'ombrellino di bambù brilla ancora, rosso e bianco, con il disegno di un pesce arancione. A Henry Lee basta vederlo aperto per ritrovarsi di nuovo nei primi anni Quaranta. L'America è in guerra ed è attraversata da un razzismo strisciante. Henry, giovane cinese, è solo un ragazzino ma conosce già da tempo l'odio e la violenza. Essere picchiato e insultato a scuola è la regola ormai, a parte quei pochi momenti fortunati in cui semplicemente viene ignorato. Ma un giorno Henry incontra due occhi simili ai suoi: lei è Keiko, capelli neri e frangetta sbarazzina, l'aria timida e smarrita. È giapponese e come lui ha conosciuto il peso di avere una pelle diversa. All'inizio la loro è una tenera amicizia, fatta di passeggiate nel parco, fughe da scuola, serate ad ascoltare jazz nei locali dove di nascosto si beve lo zenzero giamaicano. Ma, giorno dopo giorno, il loro legame si trasforma in qualcosa di molto più profondo. Un amore innocente e spensierato. Un amore impossibile. Perché l'ordine del governo è chiaro: i giapponesi dovranno essere internati e a Henry, come alle comunità cinesi e, del resto, agli americani, è assolutamente vietato avere rapporti con loro. Eppure i due ragazzini sono disposti a tutto, anche a sfidare i pregiudizi e le dure leggi del conflitto.
CHI È JAMIE FORD:
(1968) nato in California e cresciuto nella zona della Chinatown di Seattle, vive oggi nel Montana con la moglie e i figli. Discende da un pioniere delle miniere del Nevada, Min Chung, emigrato nel 1865 dalla Cina a San Francisco, dove adottò il nome occidentale Ford. Per Garzanti ha pubblicato: Il gusto proibito dello zenzero, Come un fiore ribelle e L'aroma nascosto del tè.
E chiudo questa recensione con la musica ovviamente. Purtroppo, come ci racconta anche Ford nel romanzo, non è possibile andare ad ascoltarci una qualche incisione di Oscar Holden, ma il jazz quello sì 😉Ho scelto un pezzo scritto e arrangiato da Joe Garland, sassofonista di Louis Armstrong e portato alla ribalta da Glenn Miller proprio negli anni della guerra. Ascoltatelo, e sono sicura che riconoscerete subito lo swing inconfondibile di In the Mood (1939):
Non so perché, ma ai tempi non mi era piaciuto. Troppo piccolo io? Troppe attese? Autore, comunque, da riprovare. ;)
RispondiEliminaMah, semplicemente forse la storia non era nelle tue corde ^^ Però, sì, io ti consiglierei di riprovare con Ford ;-)
EliminaDeve essere meraviglioso immergersi mentalmente e fisicamente nel mondo di un libro che si scopre di amare! Mi sembra una storia delicata e coinvolgente, non mi dispiacerebbe affatto leggerla.
RispondiEliminaIn effetti l'impatto è stato forte, essere nei luoghi in cui il romanzo era ambientato ha reso la lettura ancora più coinvolgente!
EliminaSpero proprio che ti piaccia, mi farai sapere ^^