sabato 15 ottobre 2022

Tokyo - Stazione Ueno

Se il tempo continuasse a scorrere così, talmente lento che è impossibile percepire persino il suo scorrere... Chissà se la morte è il tempo che si ferma, mentre in questo spazio rimango solo io... O se lo spazio e io veniamo cancellati, e solo il tempo resta... Dov'è andato Kōichi? Davvero, ormai, non è più da nessuna parte?

(Yu Miri, Tokyo - Stazione Ueno)


Buon weekend, lettori in pantofole! Per la serie chi non muore si rivede, eccomi qua, dopo quasi un anno torno a fare capolino in questo spazio.
Complice la lettura appena completata, il momento storico che non è proprio dei migliori e soprattutto il bisogno di comfort zone, di circondarmi delle cose che amo di più e ci sono sempre, ho deciso di riesumare questo angolino e condividere con l'etere, ancora una volta, le mie esperienze di lettura.
E Yu Miri, autrice giapponese di origini coreane, insignita proprio per questo romanzo del National Book Award, è stata davvero una bella esperienza... 


Tokyo, Stazione Ueno, uscita del parco imperiale. Oltre i tornelli, al di là della strada, si leva l'albero di gingko. Ci sono persone che camminano indaffarate, voci che si rincorrono e si rispondono e, oltre, le tende azzurre di chi una voce non ce l'ha più, le tende dei senzatetto che affollano il parco di Ueno. Qui, tra gli stralci di conversazioni dei passanti, tra le foglie che si accumulano sui vialetti, tra i tanti che guardano scorrere la vita intorno, lieve si innalza la voce del protagonista. Un uomo senza volto, senza corpo, inconsistente come l'aria che stormisce tra i rami degli alberi, ma che si fa occhi e voce di una generazione senza passato e futuro. Ci conduce tra le lattine abbandonate e raccolte per racimolare un pasto caldo, tra gli oggetti impilati sul portapacchi di una bicicletta, tra i discorsi che si dipanano tra una boccata di fumo e l'altra. E al presente, ben presto si intreccia il passato, la storia di uno dei tanti lavoratori migranti che negli anni del boom economico abbandona le porte del nord per raggiungere i cantieri in fermento all'alba dei Giochi olimpici del '64. Una vita fatta di lontananza, lavoro e rimpianti. Una vita che alla fine ci riporta al parco di Ueno tra chi non vive ma sopravvive...

IL MIO PENSIERO
Credevo che la vita fosse come un libro, dove una volta sfogliata la prima pagina c'è la successiva, e sfogliando una a una tutte le altre dopo un po' si arriva all'ultima. Invece, la vita è completamente diversa dal racconto che trovi dentro a un libro. Anche se le parole sono messe una accanto all'altra e le pagine sono numerate, manca la trama. Anche se c'è una fine, non finisce.
Resta qualcosa...  
È tra le pagine di una vita che Yu Miri ci accompagna, la vita di uno dei tanti "scomparsi" che affollano i viali del parco di Ueno, traditi dal sogno di quel boom economico che prometteva lavoro e ricchezza e che si è infranto sul muretto in cemento di fronte all'aiuola di un albero di gingko...
L'autrice dà voce a un mondo sotterraneo, un mondo che quotidianamente ci sfiora ma che ignoriamo o meglio facciamo finta di ignorare. Del resto, Yu Miri giapponese ma di origini coreane, conosce bene le minoranze, dà loro voce e da sempre si è schierata per denunciare le disuguaglianze del proprio Paese. In prima linea dopo il disastro di Fukushima, si è poi trasferita in quella prefettura dove oggi porta avanti una libreria e una serie di iniziative culturali e sociali, volte a dar voce a chi una voce non ce l'ha.
Ed è proprio una voce ad accompagnarci tra le pagine di Tokyo - Stazione Ueno. A colpirmi di questo romanzo è stato infatti il taglio particolarissimo, il punto di vista scelto: un uomo senza volto, senza corpo, inconsistente (e addentrandosi nel romanzo ne capiremo anche il motivo, che però ovviamente lascio alla vostra scoperta ^^) soltanto il nome ci è rivelato, Kazu (e anche questo citato mi sembra solo un paio di volte in tutto il romanzo) è lui la voce narrante. È lui che seguiamo mentre si aggira silenzioso per ogni angolo del parco di Ueno e così facendo assistiamo a stralci di conversazioni, di immagini, di vita. Ciò che lo circonda si riversa disordinatamente sulla pagina, un'arma a doppio taglio perché questa struttura narrativa così poco lineare, può all'inizio risultare disorientante per il lettore, ma vi assicuro che dopo poche pagine sarete totalmente catturati dalla voce narrante. Sì perché ciò che vede, che sente e che ovviamente anche noi percepiamo si intreccia poi con il racconto della sua vita, del suo passato che emerge lentamente, a stralci, rievocato in base agli stimoli circostanti. Ed è il racconto di uno dei tanti lavoratori migranti che negli anni Sessanta abbandonarono il nord (in questo caso la regione di Tōhoku) per riversarsi nella Tokyo del boom edilizio all'alba dei Giochi olimpici. Il racconto di una vita fatta di lontananza dalla famiglia e dagli affetti più cari, funestata dai lutti, dalle disillusioni, dai rimpianti. Una vita che, come quella di tanti altri, trova il suo capolinea nel parco imperiale di Ueno. È lui l'altro grande protagonista, con i suoi scorci, i suoi monumenti che ci raccontano pezzi di storia del Giappone, dagli anni del conflitto mondiale a oggi. Non manca, infatti, un riferimento toccante all'onda anomala di Fukushima e al disastro che ne è seguito.
Così come non mancano i riferimenti alla figura imperiale, simbolo della nazione stessa e contraltare rispetto a chi dalla nazione sembra essere stato dimenticato: A separarmi dalla coppia imperiale c'era soltanto una corda.
- Se facessi uno scatto in avanti e gli corressi incontro probabilmente verrei arrestato da tutti quegli agenti, però così mi vedrebbero e se dicessi qualcosa potrei farmi ascoltare.

Tokyo - Stazione Ueno è un romanzo piuttosto breve, appena 167 pagine, un romanzo intriso di malinconia, che sebbene senza una trama forte e lineare ci scaraventa nella vita di un personaggio, ci fa provare tutte le sue emozioni, un fardello accumulatosi in anni di lavoro, di passaggio da un cantiere all'altro. Un romanzo che alza un velo sui sentimenti di abbandono e solitudine che accomunano le tante vite che affollano le tende azzurre del parco imperiale: Un tempo avevano una famiglia, e anche un lavoro. Non c'è nessuno che fin dall'inizio abbia vissuto in una casupola fatta di cartoni e teli azzurri, e nessuno è diventato un senzatetto per scelta. Se sono finiti in questa condizione, ci dev'essere stata qualche circostanza che ce li ha portati. 
Quattro pantofole. Yu Miri è stata una scoperta, con la sua voce malinconica e delicata da un lato, colorata e lirica dall'altro. Una lettura potente, commovente e che certamente lascia il segno. Insomma, consigliatissima.

Di seguito vi lascio tutte le info relative a questo libretto dal formato agile e dalla copertina decisamente accattivante uscito per 21lettere nel 2021 appunto ^^
 
YU MIRI

Tokyo - Stazione Ueno
editore: 21 lettere; pagine: 176; EAN: 9788831441179
data di pubblicazione: 27 maggio 2021
brossura: € 16.00; eBook: € 7.99; 

L’autrice dà voce a un Giappone di invisibili. I suoi libri, premiati in patria coi più alti riconoscimenti letterari, sono critici verso la società nipponica e le contraddizioni della modernità. Vincitore del National Book Award come miglior opera straniera, Tokyo - Stazione Ueno è un ritratto sincero, privo di moralismi e toni drammatici, un quadro lirico e spietato della vita umana.
Tokyo, Parco di Ueno. I ciliegi fioriscono e i visitatori possono ammirare le bellezze storiche della capitale, ma ai margini di questo idillio si consuma una tragedia silenziosa. Lo sguardo delicato del protagonista accompagna il lettore alla scoperta non solo di un luogo meraviglioso e dei suoi angoli più nascosti, ma anche del dolore e della dignità di chi, come lui, all’interno del parco non vive più, ma sopravvive.
Traduzione di: Daniela Guarino.

CHI È YU MIRI:
nata nel 1968, è un'autrice sudcoreana Zainichi, ossia nata e cresciuta in Giappone da genitori sudcoreani. Si è dedicata molto presto al teatro, come attrice e autrice, ed è poi passata alla scrittura. Nel 2011, dopo il disastro nucleare di Fukushima si è trasferita nelle zone colpite dal terremoto. In Italia, sono stati pubblicati anche Oro rapace (Feltrinelli, 2001), Scene di famiglia (Marsilio, 2001) e Il paese dei suicidi (Atmosphere Libri, 2020).

E ovviamente non può mancare una colonna sonora. There is no political solution to our troubled evolution... We are spirits in the material world, cantavano i Police nel lontano 1981.
E io ho trovato Spirits in the Material World (Ghost in the Machine, 1981) azzeccatissima in tutti i sensi (e se leggerete il libro capirete il perché) per questa recensione:

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