Questo paese non cambierà mai, ma i coreani come me non possono più lasciarlo. Dove potremmo andare? Nemmeno i miei connazionali in Corea cambieranno mai. Uno come me a Seul è considerato uno stronzo giapponese, mentre in Giappone posso guadagnare tutti i soldi che voglio ed essere bravo quanto mi pare, anche se resto sempre uno sporco coreano come tutti gli altri. E allora, cazzo? Tutti quelli che sono tornati nel Nord del paese sono mezzi morti di fame o se la fanno sotto dalla paura.
(Min Jin Lee, La moglie coreana)
Buon pomeriggio, lettori in pantofole! Eccomi di ritorno a parlare di libri e letture... a dirvi la verità la cosa non è semplice, la precarietà di questi giorni mi sta mettendo a dura prova e questo secondo lockdown mi rende pesante anche stare davanti al pc e scrivere. Mi faccio forza però, perché il libro che ho terminato ormai diversi giorni fa merita davvero di essere condiviso.
La moglie coreana di Min Jin Lee si è rivelato una lettura intensa e appassionante, l'avevo inserito nella mia TBR #leggerecoreano con grande curiosità ma devo dire che Pachinko, questo il titolo originale, ha superato le aspettative...
Yeongdo, distretto di Pusan, anni Trenta: dopo la morte dell'amato padre Sunja si trova a gestire insieme alla mamma una piccola pensione frequentata per lo più da pescatori. Sono anni difficili quelli per la Corea, ormai completamente assoggettata al dominio Giapponese ma la vita sulla piccola isola di Yeongdo trascorre ancora semplice e placida, fino a quando... Fino a quando il cuore di Sunja non viene travolto dal sentimento inaspettato per l'elegante e raffinato Hansu, una passione travolgente, che però presenterà presto il conto: Sunja resta incinta di un uomo che non potrà mai sposarla e il suo futuro rischia di essere segnato per sempre. L'unica possibilità per salvare l'onore e il buon nome della famiglia sarebbe accettare l'inaspettata proposta di matrimonio di Isak, giovane pastore protestante in partenza per il Giappone. Riconoscente, Sunja accetta di seguire Isak Baek ma ancora non sa quanto possa essere difficile la vita di un coreano nel paese occupante. Sarà ad Osaka che la famiglia Baek dovrà fare i conti con la realtà e combattere giorno per giorno per conquistarsi un posto in un paese che li rifiuta e osteggia...
IL MIO PENSIERO
Pusan sembrava un'altra vita rispetto a Osaka; Yeongdo, la loro piccola isola rocciosa, rimaneva freschissima nei suoi ricordi, anche se non ci tornava da vent'anni. Quando Isak aveva cercato di spiegarle il paradiso, l'aveva immaginato come la sua città natale... una bellezza limpida e scintillante. Persino il ricordo della luna e delle stelle che vedeva quando era piccola sembrava diverso da quella luna fredda; per quanto la gente si lamentasse della dura situazione in Corea, per lei era difficile immaginare qualcosa di diverso dalla solida casa luminosa di cui suo padre si prendeva cura vicino al mare verde e limpido...
È con il nostalgico ricordo di Sunja per la sua terra natia che voglio iniziare la recensione di questo romanzo: un romanzo di ampio respiro (ben 580 pagine) che segue le vicende di un'intera famiglia dagli anni Trenta, agli anni Ottanta del secolo scorso: un'epopea famigliare, quella dei Baek, sradicati dalla loro terra d'origine, la Corea, e trapiantati in Giappone un paese che si rivelerà fin da subito ostile nei loro confronti, nei confronti del popolo sottomesso, costretto a una vita di miserie, fardelli, e compromessi. Perché non ci sono opportunità per i coreani e spesso la possibilità di vivere agiatamente è legata ad attività ai limiti della legalità, come il gioco d'azzardo. Il Pachinko ad esempio, un gioco simile al flipper ideato sul finire della Seconda guerra mondiale e che tanto successo ebbe nella terra del Sol Levante. Ed è proprio il Pachinko a dare il titolo nella sua versione originale al romanzo di Min Jin Lee, perché volenti o nolenti le vicende della famiglia Baek saranno legate alla gestione delle sale pachinko di varie città giapponesi.
Devo dire che La moglie coreana mi ha conquistata da subito, per la scorrevolezza della trama ma anche e soprattutto per la miriade di personaggi e storie che gravitano intorno a Sunja e alla sua famiglia: in particolare sono i personaggi femminili ad avermi strappato il cuore. Nel romanzo si ripete spesso questa frase: la vita di una donna è un susseguirsi interminabile di lavoro e sofferenze ma quanto forti e potenti sono le donne di Min Jin Lee nell'affrontare ciò che il destino riserva loro. Così accanto a Sunja che dedica la sua intera esistenza alla famiglia e ai figli, ci sono la bella e remissiva Kyunghee moglie del fratello di Isak e la giovane e indipendente Yumi, che sognava l'America, ci sono la sfrontata Akiko e la fatale e autodistruttiva Hana, l'incrollabile Yangjin, le ingenue sorelle Bokhee e Dokhee condannate a diventare donne di conforto per l'esercito giapponese ed Etsuko alla ricerca di riscatto e perdono.
E poi c'è l'altro grande punto di forza, la Storia con la S maiuscola che irrompe con tutta la sua potenza nella trama e nella vita dei personaggi: perché attraverso le vicende della famiglia Baek Min Jin Lee ci racconta quasi mezzo secolo di storia. Dall'occupazione giapponese, alla seconda Guerra Mondiale fino alla Guerra di Corea: la condizione di un intero popolo sradicato e discriminato. I riferimenti sono puntuali e precisi, del resto l'autrice ha vissuto in Giappone documentandosi in prima persona sulla vita dei cosiddetti "coreani giapponesi" e riflettendo nei suoi personaggi l'orgoglio ferito, il desiderio di riscatto, la necessità di trovare il proprio posto nel mondo, un luogo da chiamare finalmente "casa": «Perché Yumi» - e pronunciò il nome a voce alta, meravigliato dal suono di quelle sillabe - «era così orgogliosa di lui. Suo figlio. Avrebbe voluto offrirgli una vita da re. Era come mio padre e mio zio. Orgogliosa. Orgogliosa di me e del mio lavoro. E la cosa mi faceva piacere. Ma dopo tutti questi anni mi chiedo perché» disse in tono malinconico. «Che cosa abbiamo noi coreani da essere tanto orgogliosi?»
«È un bene essere orgogliosi dei propri figli.»
5 pantofole. La moglie coreana è un romanzo avvincente, denso, impetuoso come le acque di un fiume, un romanzo che mi sento di consigliare a tutti coloro che amano le grandi saghe familiari, a chi vuole conoscere qualcosa in più della storia coreana e giapponese e a chi in questi momenti difficili di chiusura e "distanziamento" non rinuncia a viaggiare se non fisicamente almeno con le parole.
Be safe, cari lettori in pantofole, e in questo periodo cercate di circondarvi delle cose che vi fanno stare bene e se tra queste ci sono i libri tanto meglio 😊 .
Io vi lascio qui tutti i dati del volume, uscito nell'edizione italiana per Piemme:
MIN JIN LEE
La moglie coreana
(Pachinko )
(Pachinko )
editore: Piemme; pagine: 600; EAN: 9788856665796
data di pubblicazione: 6 novembre 2018
copertina rigida: € 22.00; eBook: € 10.99; acquistalo su: la Feltrinelli
Corea, anni Trenta. Quando Sunja sale sul battello che la porterà a Osaka, in Giappone, verso una vita di cui non sa nulla, non immagina di star cambiando per sempre il destino del figlio che porta in grembo e delle generazioni a venire. Sa solo che non dimenticherà mai il suo Paese, la Corea colpita a morte dall'occupazione giapponese, e in cui tuttavia la vita era lenta, semplice, e dolce come le torte di riso di sua madre. Dolce come gli appuntamenti fugaci sulla spiaggia con l'uomo che l'ha fatta innamorare per poi tradirla, rivelandosi già sposato. Per non coprire di vergogna la locanda che dà da vivere a sua madre, e il ricordo ancora vivo dell'amatissimo padre morto troppo presto, Sunja lascia così la sua casa, al seguito di un giovane pastore che si offre di sposarla. Ma anche il Giappone si rivelerà un tradimento: quello di un Paese dove non c'è posto per chi, come lei, viene dalla penisola occupata. Perché essere coreani nel Giappone del XX secolo, attraverso tutte le tempeste che la Storia riserverà a quegli anni densi e implacabili, è come giocare al gioco giapponese proibito, il pachinko: un azzardo, una battaglia contro forze più grandi che solo uno sfacciato, imprevedibile colpo di fortuna può ribaltare. La moglie coreana, rivelazione letteraria dell'anno, è una grande saga, intima e al tempo stesso universale, che attraversa quattro generazioni di una famiglia regalandoci personaggi appassionati che vivono, amano, lottano sotto un cielo indifferente come la Storia stessa. In cerca di un posto da chiamare, finalmente, casa.
Traduzione di: Federica Merani
CHI È MIN JIN LEE:
americana di origini coreane, vive a New York. La moglie coreana - pur essendo il suo secondo romanzo - era la storia che aveva dentro da più tempo, fin da quando tra il 2007 e il 2011 ha vissuto a Tokyo, dove si è potuta documentare sulle vicende straordinarie e dimenticate delle famiglie coreane emigrate in Giappone durante l'occupazione della Corea, a inizio Novecento. Finalista al National Book Award, nominato tra i dieci migliori libri del 2017 da The New York Times, The New York Review of Books e USA Today, La moglie coreana ha visto uno sbalorditivo successo di pubblico, tanto che il libro è diventato una sorta di grande classico moderno. Di recente Apple ne ha opzionato i diritti per farne una serie tv.
E chiudiamo ovviamente con la musica e in particolare con un brano considerato un po' l'inno (anche se non ufficiale) della Corea, una canzone popolare dal titolo misterioso 아리랑 (Arirang) inclusa tra l'altro nel 2012 nella lista dei patrimoni orali e immateriali dell'umanità tutelati dall'UNESCO. Qui nella versione rivisitata dal gruppo d'oro del K-pop, i BTS, nella performance per il KCON del 2016:
Questo è un titolo che avevo adocchiato, ma non ho mai preso davvero in considerazione. Mi spaventano un po' i romanzi familiari, temo di annoiarmi. Ma in questo c'è la Storia e in più ti è sembrato scorrevole. Questa volta me lo segno! Grazie
RispondiEliminaGrazie a te Amaranth! Sì, devo dire che non mi sono annoiata per niente ma forse sono anche un po' di parte perché mi sono proprio appassionata alla storia e alla cultura coreana ^^
Elimina