Luce gli prende la mano e sentenzia: "Io ho preso una strada, ora devi farlo tu, esci dal tuo guscio e dai il meglio di te".
Corrado sembra impenetrabile, ma ha capito bene il messaggio; le stringe la mano forte, ma non accetta esplicitamente perché sa quanto sia difficile esaudire quella richiesta.
(Patrick Poini, Luce opaca)
Buongiorno lettori in pantofole e buon sabato! Eccomi di ritorno con una nuova recensione. Ho terminato di leggere proprio qualche giorno fa Luce opaca di Patrick Poini che ringrazio, tra l'altro, per avermi gentilmente inviato il suo lavoro.
Corrado si è appena trasferito in una nuova città assieme alla madre, ma per lui non c'è nessuna novità, nessuna scoperta, nessun nuovo inizio da cui ripartire. Sì perché la vita di Corrado è fatta di oscurità e rabbia, rabbia per una famiglia disgregata, per una madre con troppi errori alle spalle, per un padre assente e lontano, per quella malattia, che è insieme un disagio e un rifugio. Corrado è affetto da narcolessia e trascorre le sue giornate al buio, nella sua stanza, in un dormiveglia che è anche e soprattutto il rifiuto di affrontare la realtà che lo circonda e lo opprime. Ma un giorno alla sua porta compare Luce, la ragazza del piano di sopra, la ragazza ferita nel corpo e nell'anima, la ragazza che per prima aprirà la finestra della sua camera facendo entrare una nuova luminosità (per quanto opaca). Due gusci che collidono e si frantumano, ecco cosa sono Corrado e Luce, che insieme, con la musica e le parole, cercheranno di trovare la loro strada attraverso una ribellione che è di fatto desiderio di cambiare e di agire.
Un romanzo breve, un racconto lungo, in entrambi i modi potrebbe essere definita la storia di Corrado e Luce, una storia soprattutto di adolescenza ferita, di rabbia e ribellione. Patrick Poini ci conduce per mano alla scoperta dell'universo interiore di questi due ragazzi, con una narrazione insieme onirica e lirica (talvolta sin troppo criptica a mio parere). Il romanzo corre inarrestabile attraverso i sentimenti di questi due ragazzi che non si riconoscono nelle loro vite e cercano l'appoggio l'uno dell'altra nel tentativo di trovare una via d'uscita a questo sentirsi "inadatti" e "incompresi". Lui con alle spalle una famiglia a pezzi, una madre libertina che non riesce ad affrontate il figlio perché oppressa dalle colpe del passato, lei violata nel corpo, inascoltata, quasi un fantasma per una madre e un patrigno troppo presi dai propri ruoli sociali. Ma qui arrivano le note dolenti, se riesco a comprendere, in un certo senso, il disagio e le ferite interiori di Luce, non capisco invece quello di Corrado, si parla di questa famiglia a pezzi in così poche righe per poi sentire frasi del tipo: "Io mi limito a dare a questo schifo di mondo il più grande 'fanculo possibile, nel modo in cui mi comporto è come se urlassi in silenzio al mondo: ehi, non faccio parte di te, io ho i miei ritmi..." Questa ribellione a tutti i costi proprio non riesco a comprenderla. Ci si concentra su pensieri e sensazioni lasciando la trama nell'indistinto, certo il tutto è voluto come evidenziato nello stesso romanzo: Ti faccio un esempio: un libro, racconto una bella storia ma taccio il colore dei capelli e degli occhi del personaggio, il lettore potrebbe rimanerci male perché è abituato a sapere di più di quel che è necessario. Ma cazzo che regalo! I personaggi deve immaginarseli in qualche modo. Certo i personaggi devo immaginarmeli ma certi loro attegiamenti non riesco proprio a capirli con il risultato di non essermi affatto immedesimata in loro, di averne tratto sensazioni negative e rabbia. Nei confronti di Luce che da perfetta figlia modello si trasforma dalla notte al giorno in riot girl incazzata con la società tutta, nei confronti della madre di Corrado, la "signorina Sesso Libero" incapace non si sa per quale motivo di fare la madre (oppressa da chi sa quali gravi colpe), o della stessa madre di Luce che liquida la violenza alla figlia con poche rapide frasi, per non parlare di questo patrigno incravattato che sembra essere odiato solo per il "ruolo sociale che riveste" . Certo l'autore vuole lanciare un messaggio di speranza, Luce, come evidenzia il suo nome, rappresenta una scossa nella vita del letargico Corrado, una spinta al cambiamento, il tentativo di scacciare l'inerzia che domina la sua esistenza, il messaggio è del tipo "alzati e prendi in mano la tua vita" ma il finale inatteso e a doppia lettura mi ha lasciata spiazzata: se luce c'è stata in questo romanzo era davvero molto "opaca". Due pantofole e mezzo, purtroppo il romanzo non mi ha "presa" ma devo dire che Poini scrive molto bene, unendo con fluida abilità lirica e narrativa e di sicuro non mancherà chi sarà in grado di apprezzare meglio di me il suo lavoro.
Di seguito vi posto tutti i dati del volume:
Patrick Poini
Luce opaca
Giovane Holden Edizioni
Pagine: 69
ISBN: 9788863962703
€ 13,00
TRAMA: Un ragazzo affetto da narcolessia passa le giornate rinchiuso nella sua
camera-cassonetto, circondato da vestiti sporchi, plettri consunti,
resti di pasti e bocconi di pensieri avariati. Rigorosamente al buio.
Finché nella sua vita appare Luce, nomen-omen, ragazza
del piano di sopra che ascolta da tempo ammaliata le note della sua
chitarra e decide di svegliare Corrado da quella sorta di letargo. Ma
entrambi i ragazzi sono universi complessi e insondabili, deserti di
passate sofferenze che tardano a fiorire: il padre assente, la
signorina Sesso Libero come caricatura di madre, un padrigno avvocato
perennemente incravattato, e quell’uomo che ha straziato l’infanzia di
lei, in una notte di lenzuola rosse e valigie da preparare in fretta e
furia.
Ecco che la fuga diviene la sola possibile salvezza:
che sia nel buio del sonno, nel sogno, nella musica e nella poesia. Ma
la scrittura deve rinnovarsi, occorre redigere il manifesto di una
nuova corrente: il non-fisionomismo. Perché siamo personaggi senza
occhi né bocca e il colore dei capelli dobbiamo scegliercelo da soli,
in un estremo atto di rinnovata volonta.
Una finestra sull’amore dai contorni onirici, una
storia agrodolce dal finale aperto e inaspettato, che con un filo di
malinconia vi condurrà nel profondo dell’animo umano, laddove un
barbaglio di luce, seppure opaca, vale mille raggi di sole.
CHI È PATRICK POINI:
Triestino ma nato ad Albenga il 9 gennaio 1981.
A due anni perde la mamma. Passa l’infanzia tra la
Liguria e Trieste, poi si trasferisce con il padre e la sorella a
Livorno. Già in quegli anni scrive per il giornale locale. Sui banchi
del liceo inizia a scrivere Luce opaca. A venti anni il cancro
si porta via il papà. Va a vivere da solo e fa il factotum. Nel 2004 si
sposta a Pisa e si iscrive alla Facoltà di Lingue e Letterature
Straniere dell’Ateneo cittadino. Nel 2008 diventa papà di Melissa, si
stanzia in Versilia ed è assunto nella redazione di Reteversilia News e
Radio Versilia dove lavora tutt’oggi.
Vive a Viareggio con la sua gatta Settembrina.
La musica ha un ruolo non marginale in questo breve romanzo, sono proprio le note della chitarra di Corrado a condurre al suo appartamento Luce, e il legame tra i due ragazzi si stringe all'inizio attraverso uno scambio di cd ed emozioni. Nessun brano viene esplicitamente citato, pure durante la lettura mi è tornato spesso alla mente un pezzo degli Skid Row che a mio parere riflette il senso allo stesso tempo di oppressione e vuoto che attanaglia i due protagonisti, per quanto il tema trattato sia diametralmente opposto (la dipendenza). Di seguito vi posto Wasted Time tratto dall'album Slave to the Grind del 1991.
Nessun commento:
Posta un commento
Accomodatevi, infilate le pantofole e... lasciate un commento!