... e adesso era l'ora in cui in tutte le case del vicinato le belle donne si profumavano e si infilavano braccialetti di smalto e davano il bacio della buonanotte ai loro bei bambini, l'ora della grazia apparente e della musica promessa, e persino lì, nel giardino di Maria, l'aria odorava di gelsomino e l'acqua della piscina toccava i trenta gradi. L'acqua della piscina toccava sempre i trenta gradi ed era sempre pulita. Era contemplato nel contratto d'affitto.
(Joan Didion, Prendila così)
Buongiorno lettori in pantofole! Oggi vi parlo del mio primo incontro con Joan Didion. Ebbene sì, lo ammetto, non avevo mai letto niente di questa autrice iconica che da oltre cinquant'anni racconta l'America, le sue contraddizioni, i suoi dissidi interni. Adesso, complice il mio viaggio in California e le letture delle Mini Book Riders mi sono decisa a colmare questo vuoto iniziando da Prendila così, romanzo pubblicato nel lontano 1970 ma tradotto in Italia soltanto nel 2014.
L'approccio è stato sorprendente e in un certo senso destabilizzante ma, per non far torto a nessuno, partiamo dalla storia:
Maria Wyeth, a soli trentun anni, è già una starlet sulla via del tramonto. Adesso, in una esclusiva clinica neuropsichiatrica di Beverly Hills, ha deciso di mettere per iscritto i fatti che l'anno condotta in quel luogo. E così Maria ripercorre la sua giovane vita, dal Nevada che l'ha vista muovere i primi passi, a New York dove, giovane modella, incontra lo sguardo di Carter, promettente regista, che diviene ben presto suo marito e poi ex marito, fino al suo approdo ad Hollywood con la sua vuota e ininterrotta serie di cocktail, party a bordo piscina, sesso e droga. Maria affonda nei ricordi, in quel mondo vacuo del cinema che l'ha risucchiata e privata della sua linfa vitale, perché Maria non prova più niente, prende la vita come viene e, se continua a giocare la sua partita, è solo per Kate, la figlia malata e rinchiusa in un istituto a cui ancora non si è decisa a rinunciare, o almeno non del tutto...
IL MIO PENSIERO
Così mi hanno suggerito di mettere per iscritto i fatti, e i fatti sono questi: mi chiamo Maria Wyeth. Si pronuncia Mar-ai-a, tanto per chiarire le cose fin dal principio.
La trama di Prendila così è fin troppo semplice: Maria ha trentun anni, un matrimonio e un divorzio alle spalle, una figlia malata e rinchiusa in una clinica e una carriera nel cinema ormai al tramonto. Del resto, la sua stella non ha mai davvero brillato, una tenue luce nel firmamento acceso di Hollywood. Ma è qui che entra in gioco la penna di Joan Didion che fa di una storia scontata, l'affresco di un'intera società.
Maria, con le sue fragilità, le sue scelte sbagliate, con le sue speranze e le sue delusioni mette a nudo il vuoto che circonda lo scintillante mondo del cinema, dove conta apparire più che essere, dove avere tutto significa non avere niente, non provare più niente.
Tra cocktail, party, pomeriggi a bordo piscina e lunghe ore passate in macchina a guidare senza una meta precisa, Maria è l'emblema di questo vuoto, dell'incapacità di essere felice, della costante certezza di essere in errore, di aver fallito e, badate bene, il fallimento nel mondo di Maria è il peggiore dei mali: Se Freddy Chaikin avesse pensato che si portava appresso i suoi guai l'avrebbe evitata, perché i guai erano qualcosa di cui nessuno in quella città amava la vicinanza. Fallimento, malattia, paura erano considerati come parassiti infetti, contagiosi, sulle foglie lustre delle piante. A Maria sembrava che perfino la centralinista evitasse il suo sguardo, nel timore di esserne contaminata.
Con una penna precisa, affilata, ma capace di intessere immagini di una poeticità struggente, Joan Didion segue Maria nei suoi lunghi viaggi attraverso le strade trafficate di Los Angeles e poi lungo quelle riarse del deserto, dove soffia un vento caldo, che fa star male. La segue a Encino, in una camera da letto color crema in cui Maria lascia una parte di sé, la segue a Las Vegas mentre entra ed esce dagli alberghi sullo strip, la segue in un motel dove le capsule che rotolano sul lenzuolo sono il simbolo di una partita giunta al termine. Sul palcoscenico, accanto a Maria, fanno mostra di sé registi, attori, agenti e starlette. C'è il marito, Carter, ci sono gli amici Helene e BZ, c'è Freddy Chaikin, agente e consigliere e il vecchio Benny Austin. E poi ci sono le autostrade californiane, immense, trafficate, le uniche capaci di anestetizzare quel dolore che costantemente Maria si trascina dietro: Percorreva la San Diego fino alla Harbor, la Harbor su su fino alla Hollywood, la Hollywood fino alla Golden State, la Santa Monica, la Santa Ana, la Pasadena, la Ventura. Le percorreva come un battelliere percorre un fiume, ogni giorno più intonato alle sue correnti, ai suoi inganni, e proprio come un battelliere avverte l'impeto delle rapide nel lento scorrere tra veglia e sonno, così Maria giaceva di notte nel silenzio di Beverly Hills e vedeva i grandi cartelli stradali veleggiarle sul capo a cento allora.
Prendila così non è un romanzo facile, la narrazione procede altalenante, episodica. La storia si apre con il racconto in prima persona di Maria che, chiusa in una clinica neuropsichiatrica è pronta a ripercorrere i fatti che l'hanno condotta a quell'epilogo, seguono poi i punti di vista di Carter, l'ex marito, e di Helene, l'amica di sempre, brevi, allusivi e inconcludenti per lasciare poi corso alla narrazione in terza persona. Una narrazione frammentata, in cui presente e passato si confondono senza soluzione di continuità. Il lettore si perde nel flusso degli eventi, è partecipe della fragilità della sua protagonista, ne vive tutte le emozioni senza filtri, perché la grandezza di Joan Didion sta proprio qui, nella sua capacità di lasciar agire e parlare i propri personaggi senza ingabbiarli in giudizi, in definitive categorie di bene e male.
Come dicevo all'inizio, la lettura di questo romanzo mi ha destabilizzata e sorpresa, mi sono dovuta fare strada nella prosa della Didion e afferrare il personaggio di Maria, che si lascia vivere e non si pone domande. Pure, nella sua complessità, l'ho trovato un affresco meraviglioso di un'epoca e di una società. Quattro pantofole. Un romanzo da assaporare, afferrare e fare proprio. Di sicuro c'è che Joan Didion è stata una scoperta e dopo la romanziera vorrei conoscere anche la giornalista e la saggista.
Di seguito vi lascio tutti i dati del volume, pubblicato in Italia da il Saggiatore:
JOAN DIDION
(titolo originale: Play It as It Lays)
editore: il Saggiatore; pagine: 176; EAN: 9788842818373
data di pubblicazione: 6 febbraio 2014
brossura: € 14.00; eBook: € 10.99, acquistalo su: Giunti al Punto
In un’esclusiva clinica neuropsichiatrica di Los Angeles Maria Wyeth, attrice fallita, ripensa alla sua vita, frammentata in episodi che appaiono ormai distanti e freddi come gli astri nella volta celeste. Dal deserto del Nevada alle colline di Hollywood, da modella a protagonista in film minori: la sua parabola è quella di una stella che non ha mai davvero brillato. Dopo anni di scelte sbagliate e di ferite emotive, Maria ha smesso di provare ogni sentimento e lascia che la vita le passi accanto. Anestetizza il dolore guidando per ore senza meta sulle autostrade della California, navigando nel traffico come nelle acque di un immenso fiume. Nonostante tutto, continua a voler giocare la sua partita, forse motivata dall’unica scintilla d’amore che riserva per Kate, la figlia malata che vede di rado. Joan Didion seziona con la sua penna affilata la fauna umana che orbita intorno a Hollywood, che sfodera sorrisi e false promesse in infiniti cocktail party, che teme il fallimento come una malattia infettiva, pronta a tutto pur di riempire il vuoto che la assedia. Romanzo dalla lingua essenziale e spietata, Prendila così fotografa gli aspetti più vacui e autodistruttivi della società americana, raccontando quanto sia doloroso vivere e quanto più facile semplicemente esistere.
è nata in California nel 1934 e vive a New York. Giornalista, scrittrice e sceneggiatrice, scrive per il New Yorker e la New York Review of Books. Tra i suoi libri pubblicati in Italia dal Saggiatore ricordiamo L’anno del pensiero magico (2006), da cui è stato tratto un monologo portato sulle scene da Vanessa Redgrave (2008), la raccolta Verso Betlemme (2008), Blue Nights (2012), The White album (2015), Run River (2016), Miami (2016), Nel paese del Re pescatore (2017).
Ci sono molti brani citati in questo romanzo, brani che segnano e disegnano un'epoca ma io ho scelto un pezzo in particolare, Tiny Dancer di Elton John (Madman Across the Water, 1971). Lo scorso marzo l'artista inglese ha compiuto 70 anni e, per festeggiare, ha finalmente dato a Tiny Dancer un video ufficiale. Girato da Max Weiland, il video ha al suo centro le strade di Los Angeles e conta anche un cameo d'eccezione: Marilyn Manson. Inutile dire che quelle auto e quelle strade mi hanno fatto inevitabilmente pensare a Maria e alla sua Corvette:
Buongiorno, la tua recensione mi ha molto, molto incuriosita, nonostante la complessità di questa storia. Grazie, come sempre, per le tue chicche
RispondiEliminaCiao Baba, grazie mille! La Didion è considerata un po' un'icona della letteratura americana e merita davvero. Sono molto incuriosita dalla raccolta di saggi The White album che penso di prendermi a breve ^^
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