venerdì 18 aprile 2014

Le recensioni di... mamma Laura #2

 
Una rubrica a cadenza casuale, un omaggio alla persona che per prima mi ha trasmesso l'amore per i libri e gli infinite mondi racchiusi in essi, vi presento Le recensioni di... mamma Laura.
Buonasera lettori in pantofole! Eccomi di ritorno (come sempre di corsa), purtroppo questi giorni sono il delirio totale, non ho davvero il tempo di fare niente, causa lavoro, e spero di riuscire almeno a godermi il giorno di Pasqua :-P Ho anche appreso la bruttissima notizia della morte di García Márquez, un altro grande scrittore che ci lascia e al quale mi sembra doveroso dedicare almeno un piccolo pensiero... La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.

Ma veniamo al blog, le mie letture purtroppo procedono davvero a rilento ma per fortuna mi è venuta in soccorso mamma Laura che ha deciso di condividere con me e con tutti voi la sua ultima lettura (come al solito trafugata dai miei scaffali :-P), non mi dilungo oltre e cedo a lei la parola... intanto tanti auguri di buona Pasqua a tutti voi! ^^

Pete Fromm
Indian Creek
Keller editore
Pagine: 256
ISBN: 9788889767313
€ 14,50

TRAMA: Per uno studente di biologia della fauna selvatica, innamorato dei libri di Henry Thoreau e dei racconti di montagna, il programma dell'Idaho Fish & Game è un'occasione imperdibile: monitorare e proteggere la schiusa di due milioni e mezzo di uova di salmone nel selvaggio Selway-Bitterroot. Solo che il ventenne Pete Fromm non può immaginare cosa significhi veramente vivere un intero inverno - ben sette mesi - da solo sulle Montagne Rocciose, alla fine degli anni Settanta, in una tenda in tela a oltre sessanta chilometri dalla prima vera strada e a cento dal primo insediamento umano.Comincia così un'avventura incredibile, un romanzo di formazione divertente, di un realismo crudele e soprattutto vero, anzi verissimo, con temperature che arrivano a quaranta gradi sotto zero e la neve a coprire ogni cosa, con imprese nelle quali il giovane Pete deve dare fondo al proprio istinto di sopravvivenza, e situazioni che lo obbligano a rapportarsi con limiti e sogni, con se stesso e la solitudine. E onnipresente, la natura in tutta la sua potenza; dapprima usata, temuta, incompresa e poi, in quello che è uno straordinario finale, vera e propria compagna di vita in un rapporto essenziale e autentico, quasi ancestrale, e scevro di ogni ideologia.


Una volta partiti i guardacaccia, la tenda che avevamo montato sembrò ancora più piccola. Restai lì in piedi, e tremai per una folata d’aria che mi sembrò correre lungo il collo. Era davvero casa mia ora? La mia casa per i prossimi sette mesi? Per l’intero inverno? Da solo? Alzai lo sguardo verso le pareti ripide e scure del canyon, che bloccavano già il sole di metà pomeriggio. Al di là di quelle pareti di pietra e alberi non c’era nient’altro che la natura selvaggia della Selway-Bitterroot. Ero solo, nel cuore della natura.
(Pete Fromm, Indian Creek)

Buonasera cari lettori. Eccomi di nuovo in questo angolino per condividere con voi la mia ultima lettura: Indian creek di Pete Fromm.
Devo dire che questo libro mi ha un po’ impegnata vuoi perché non conoscevo l’autore e anche perché delle Montagne Rocciose sapevo solo l’ubicazione geografica; mi sono quindi dovuta documentare per poter capire appieno l’avventura, perché di questo si tratta, incredibile, un po’ crudele, ma meravigliosa e formativa che il protagonista affronta in una natura inospitale e piena di insidie, a quaranta gradi sotto zero, completamente solo per la maggior parte dei sette lunghi mesi invernali.
Sì, perché questo non è un romanzo di fantasia, ma una storia di vita veramente vissuta dall’autore il quale ci rende partecipi di questo periodo trascorso lontano dal mondo civilizzato, in un crescendo di sentimenti diversi: dall’iniziale entusiasmo alle prime perplessità e incertezze, dalla paura della solitudine alla gioia delle conquiste, dal desiderio di fuggire alla consapevolezza che una natura così bella può riempire l’anima di pace e gioia.
Tutto ha inizio quando Pete, studente di biologia della fauna selvatica, viene a conoscenza quasi per caso, di un programma dell’Idaho Fish & Game che, per proteggere due milioni e mezzo di uova di salmone collocate in un canale tra due corsi d’acqua (il Selway e l’Indian Creek), ingaggia un volontario per l’intero inverno con il compito, non molto impegnativo e nemmeno faticoso, di controllare giornalmente che tutto proceda bene e che il ghiaccio non blocchi il ciclo vitale delle uova.
All’epoca Pete ha solo vent’anni ed è proprio l’incoscienza dell’età che lo porta immediatamente ad accettare l’incarico come fosse un’occasione da non perdere senza però valutare appieno il significato di un inverno da trascorrere in una tenda, in un ambiente selvaggio e inospitale, con punte di freddo fino a meno quaranta gradi, fra tormente e animali selvatici, completamente solo.
È vero, Pete ha con se Boone, un cucciolo che un’amica gli ha regalato prima della partenza; è una presenza importante e il loro rapporto cresce in stima e complicità reciproche via via che i giorni e le avventure si susseguono.
Durante quei lunghi mesi, ogni tanto, Pete riceve la visita di Ranger e cacciatori di puma e di orsi; vive con loro, partecipa alle battute di caccia, ma un conto è uccidere un alce per sfamarsi, un altro è uccidere un puma con il solo scopo di far divertire un cliente: “Mi sentii male ancora prima che toccasse terra e di colpo udii Cary prorompere in un fiotto di improperi. Lo fissai, chiedendomi se avesse provato lo stesso sentimento di spreco e perdita.”
Quando è cominciata l’impresa di Pete non ho potuto fare a meno di pensare a mio figlio; vent’anni sono pochi e un uomo a quell’età è ancora un ragazzo. Non sono riuscita a immaginarlo da solo in quell’ambiente e in quelle condizioni eppure, alla fine della storia, ho compreso che una simile esperienza, per quanto dura, impegnativa e pericolosa è senz’altro molto molto formativa e fortificante per il carattere e per la vita di un uomo.
Pete ha scritto questo libro dodici anni dopo quell’avventura; ecco perché dall’inizio alla fine la storia ti prende, ti affascina, ti fa capire; non sarebbe stato così se l’avesse scritto subito dopo.

2 commenti:

  1. Ma che belle queste recensioni di mamma Laura! Dovremmo far incontrare mamma Laura con mamma Evelina (la mia!) ...sono sicura che ne avrebbero da raccontarsele!
    Tutte le mamme dovrebbero tramandare la passione per i libri ai propri figli (proprio come hanno fatto le nostre!). God save the moms! Buona Pasqua a mamma Laura e a Jerry! :-)

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    1. Ciao Ale! Una buonissima Pasqua a te ^^ Eh sì secondo me mamma Laura e mamma Evelina andrebbero davvero d'accordo, potrebbe essere un'idea farle conoscere ;-)!!!

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