lunedì 3 febbraio 2025

Sogni di giada

Ci sono un’infinità di cose che proteggono dagli spiriti maligni. Uno specchio di fronte a una porta affinché restino fuori, spaventati dal loro stesso riflesso. Un ponte costruito a zig-zag, perché gli spiriti maligni sanno camminare soltanto in linea retta. Allora per quale motivo non un foglietto rosso nelle scarpe?
(Lin Hierse, Sogni di giada)


Eccomi di ritorno con una nuova recensione. Sogni di giada è stato un acquisto un po’ d’impulso. Navigavo sul catalogo del mio kindle e la trama ha catturato la mia attenzione: un’identità sospesa tra due culture, quella cinese e quella occidentale… Mi ha riportato alla mente Karoline Kan e i suoi cieli rossi e così ancora una volta ho ceduto all’impulso e al fascino della grande Cina…

IL MIO PENSIERO
Il giorno in cui riportiamo a casa A’bu non ha nulla di speciale. È un martedì di aprile come un altro, di buon mattino, il cielo sopra Shanghai né grigio né azzurro, non piove e non c’è nemmeno il sole. È semplicemente com’è.
È con queste parole che prende avvio il racconto di Lin Hierse, un racconto intimista, in parte autobiografico, il racconto di una giovane ventisettenne nata a Berlino da madre cinese e padre tedesco, ma soprattutto il racconto di una donna che si interroga sulle proprie radici, sulla propria identità e la propria appartenenza.
La struttura del romanzo è molto particolare, frammentata, fatta di episodi giustapposti: dai funerali della nonna a Shaoxing che aprono il romanzo, alle estati trascorse in vacanza presso zii e zie, dalla Rivoluzione culturale a quella valigia rossa sotto il letto che nasconde i segreti di Mā. Perché Sogni di giada è anche e soprattutto questo: il racconto del rapporto tra una madre e una figlia. Una madre che ha fatto una scelta: abbandonare il proprio paese d’origine per iniziare una nuova vita. Ma quella scelta, che in Germania viene chiamata “migrazione”, per Lin è soprattutto “background”. Perché Lin non ha mai “lasciato” la Cina, ha sempre fatto avanti e indietro tra Oriente e Occidente e allora cercare di capire la madre è un po’ cercare di capire se stessa, di colmare quel senso di vuoto che spesso la assale in un luogo come nell’altro.
A’bu, Mā, Lin, il filo narrativo passa come un testimone da una figura femminile all’altra, rafforzato dalla metafora del braccialetto di giada, che vediamo prima al polso della nonna, poi della madre e infine della figlia: In una lingua il mio nome è composto da tre lettere, in un’altra da dodici tratti. In una lingua non indica nient’altro che me. In un’altra lingua significa giada.
Gli uomini, invece, sono i grandi assenti in questo romanzo; a parte qualche zio con in mano una vecchia fotografia o una sigaretta accesa, le figure maschili sono pressoché inesistenti e del padre di Lin non sappiamo assolutamente niente. Un scelta che mi ha un po’ spiazzata soprattutto in relazione alla ricerca interiore della protagonista, a quel suo interrogarsi su appartenenza e identità. Forse la scelta è dovuta al taglio narrativo, una prosa malinconica che si fa a tratti onirica, in cui a volte sogno e realtà sfumano l’uno nell’altra (e guarda caso le poche figure maschili emergono tra le pieghe del sogno) ma questa assenza si è fatta sentire, almeno nella mia esperienza di lettura.
Tre pantofole e mezzo. Sogni di giada è un romanzo fortemente introspettivo, carico di simboli, di significati, ma è anche un lungo viaggio alla scoperta della propria identità, un’identità composita, sfaccettata con cui fare i conti e far pace allo stesso tempo: Gli altri racconteranno sempre la nostra storia diversamente da com’è stata. Come se appartenesse più a loro che a noi […] Io odio queste narrazioni. E adoro quelle in cui si parla soltanto di una vita serena. Le storie in cui siamo complete, con tutti i dettagli.

Di seguito vi lascio tutti i dettagli del volume uscito per O Barra O Edizioni giusto lo scorso anno:

LIN HIERSE

Sogni di giada
editore: O Barra O Edizioni; pagine: 160; EAN: 9788869681493
data di pubblicazione: 26 aprile 2024
brossura: € 16.00 
In una lingua il mio nome è composto da tre lettere, in un’altra da dodici tratti. In una lingua non indica nient’altro che me. In un’altra lingua significa giada.
Lin Hierse in questo suo romanzo d’esordio porta in scena, attingendo alla propria esperienza autobiografica, un’identità sospesa tra due culture, quella cinese e quella occidentale.
Lo sfaccettato rapporto con la madre, una donna di Shanghai migrata in Germania negli anni Ottanta, e il flusso dei ricordi familiari si intrecciano in una fitta rete di corrispondenze e significazioni richiamando concetti quali appartenenza, distanza/vicinanza e libertà.
Se nella vita di tutti i giorni la giovane protagonista è spesso animata dalla volontà di emanciparsi e di trovare un proprio posto nel mondo, i suoi sogni, diurni o notturni, rivelano piuttosto l’impossibilità di separarsi definitivamente dalla figura materna, tanto diversa quanto simile a lei, e il desiderio profondo di conciliare i differenti retaggi.
Un romanzo personale e al contempo universale che afferma Lin Hierse come una delle voci più raffinate e promettenti della letteratura transculturale mondiale.
Traduzione: Federica Garlaschelli

CHI È LIN HIERSE:
nata nel 1990 a Braunschweig, si è laureata in Studi Asiatici e Geografia Umana alla Humboldt-Universität. Vive a Berlino e dal 2019 lavora come redattrice per il quotidiano die tageszeitung (taz), sul quale cura anche la rubrica “poetical correctness”. Nel 2022, con Sogni di giada, il suo primo romanzo, emerge come una delle voci più originali della letteratura interculturale tedesca, e per le sue tematiche il suo stile lirico viene spesso associata a scrittori come Ocean Vuong.


C’è un brano che mi ha risuonato molto durante la lettura di questo romanzo. Fa parte della colonna sonora di un k-drama, Mr. Plankton, che tra l’altro si interroga a sua volta su temi quali maternità, paternità, malattia (ve lo consiglio assolutamente, è su Netflix). Il pezzo si intitola The town ed è scritto e interpretato da Park Junha, e quel verso 'cause the people are crying all over town, searching for something nobody has found mi ha richiamato alla mente il viaggio e la ricerca di Lin e mi è sembrato una colonna sonora perfetta per questa recensione ^^

Nessun commento:

Posta un commento

Accomodatevi, infilate le pantofole e... lasciate un commento!